giovedì 22 giugno 2017

NON PERDIAMO IL RITMO

Dopo un mese dall'ultimo post e a due mesi dalla ormai imminente partenza per il Messico, ecco quanto ho imparato di nuovo. 
-Innanzitutto da quelle parti non è necessario fare tutto e subito. Le cose si possono fare anche domani o tra una settimana o, se non è proprio indispensabile, tra una decina di giorni. Perché, si sa, la fretta è cattiva consigliera e chi va forte va alla morte.

-Ho poi scoperto che non troverò mai due persone che hanno lo stesso giudizio su Città del Messico. C'è chi dice che è fantastica e chi assicura che è terribile. Chi si muover solo in un blindato e chi prende a cuor leggero la metropolitana. Chi mi parla di gente che uccide per l'acqua potabile e chi di "riccanza" che per non restare imbottigliato nel traffico opta per l'elicottero. 
La verità? Se non mi rubano il blindato ve lo dirò tra pochi mesi. 

-Organizzare un trasloco in Messico a quanto pare è difficilissimo ma ancor di più pare sia prevedere la tempistica di una consegna via nave. Su tre compagnie interpellate per avere un preventivo, una ha detto che ci vogliono trenta giorni, una più di due mesi e l'ultima circa sei settimane. Quindi, basandomi sulla certezza che tutti volessero essere ottimisti, probabilmente per la fine di ottobre potrò godermi i miei divani nella casa nuova. 

-Quando stai per traslocare avviene uno strano fenomeno in cui le sfighe si accumulano una dietro l'altra, tipo le piaghe d'Egitto. Dalla tapparella che si disintegra alle figlie coi pidocchi, dalla raccomandata con sanzioni salatissime per una dichiarazione dei redditi del 15-18 non evasa correttamente, al lavandino che ti allaga mezza casa, per concludere con la cisti al ginocchio. Sono forse segnali? Non so, ma provo a fingere che va tutto bene. 

-Quando mi chiedono dove ci stiamo per trasferire, alla parola MESSICO si abbina subito un'espressione di invidia e un sorrisone a tutti denti che poi, non appena aggiungo CITTA' DEL, si trasforma in uno sguardo a metà tra il compatimento e il biasimo. 
Questo mi suscita - guarda un po' - un sentimento di compatimento e biasimo. Perché magari sto facendo io una cavolata, ma c'è anche il caso che la cavolata la stia facendo chi giudica, senza sapere. 

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