tag:blogger.com,1999:blog-59560958616934502652024-03-14T04:28:13.839+01:00PassamilatequilaDAL GLUTAMMATO DI SHANGHAI ALLA TEQUILA DI CITTA' DEL MESSICO E NON ME NE SONO NEANCHE ACCORTAGiohttp://www.blogger.com/profile/09814346131767727490noreply@blogger.comBlogger25125tag:blogger.com,1999:blog-5956095861693450265.post-63112255506334530332018-09-10T20:02:00.001+02:002018-09-10T20:02:48.077+02:00MESSICANI PATENTATI<span style="text-align: justify;">Lo scorso mese di giugno ho preso la patente messicana.</span><br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Avrei potuto farlo molto prima anche se in realtà fino ad ora non ne avevo sentito la necessità ed poi la sola automobile che abbiamo viene utilizzata dal
coniuge. Diciamo che la patente è stata più che altro una scelta di sicurezza, di
emergenza, nel caso in cui debba guidare in questo paese, cosa che - potendo -
eviterei alla grandissima. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">I fatti interessanti sono due: il primo è che per fare la conversione della
patente in quanto straniera non ho bisogno di avere una patente. </span><br />
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Il secondo è che
nemmeno i messicani ritengono di avere bisogno della patente per guidare.</span><br />
<a name='more'></a><span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;"> <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br />
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">In questo paese la maggioranza della gente possiede una vettura ma non
necessariamente un permesso per guidarla: pare infatti che a fronte di sei
milioni di auto immatricolate nel Distretto Federale (la città vera e propria) ci
sia solo un milione e mezzo di patenti. E questo ci fa intuire che qualcosa non
torna. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="tab-stops: center 249.3pt; text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Qui, se hai un’età tra i 15 ed i 18 anni e
vuoi guidare, allora apparentemente hai bisogno di fare un esamino, che dà
diritto ad un foglio provvisorio fino alla maggiore età. Se invece vuoi prende la patente da adulto, o
anche solo a 18 anni e un giorno, allora l’esame non devi farlo più. Vai
semplicemente in un ufficio, ti metti in coda, dai i tuoi dati, paghi il tuo
importo e VOILA’. Fatto. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="tab-stops: center 249.3pt; text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Il tutto senza sapere assolutamente nulla
del codice della strada, delle nozioni base della meccanica di una vettura, di
cartelli, precedenze, regole (regole?) e quant'altro. </span><br />
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Qui in Messico si va a
braccio.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="tab-stops: center 249.3pt; text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Ecco perché molte volte la gente non
prende nemmeno la patente. Ed ecco perché il governo di recente ha iniziato a
fare parecchia promozione, nel tentativo di ridurre questa bizzarra forma di abusivismo, motivando come segue:</span><br />
<div style="text-indent: 0px;">
<span style="text-indent: -18pt;">1. Se ti
beccano senza patente vieni multato e </span><u style="text-indent: -18pt;">teoricamente</u><span style="text-indent: -18pt;"> non puoi più guidare
(teoricamente, eh)</span></div>
<div style="text-indent: 0px;">
<span style="text-indent: -18pt;">2. Se
non hai la patente non puoi usufruire di assistenza stradale o ambulanze (ma
guarda)</span></div>
<div style="text-indent: 0px;">
<span style="text-indent: -18pt;">3. La
patente consente di poter stipulare l’assicurazione, utile </span><span style="text-indent: -18pt;"> </span><span style="text-indent: -18pt;">in caso di incidente o morte (testuali parole
prese da un sito di presunta pubblica utilità)</span></div>
<div style="text-indent: 0px;">
<span style="text-indent: -18pt;">4. Prendere
la patente dà diritto a un sacco di informazioni su attrazioni turistiche e
mete di vario tipo su tutto il territorio messicano (meglio del Touring Club)</span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Come a dire: dai, fai questo piccolo sforzo di metterti in regola, che poi
ti riempio di brochure sui migliori tacos della zona.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Facile immaginarsi quindi come possa essere la guida da queste parti ed il
perché io non mi strappi i capelli all'idea di ritrovarmi in mezzo alle strade
locali, che oltre ad essere caotiche e congestionate, scoppiano pure di gente
che non sa un fico secco delle regole della strada. Basti ricordare il simpatico tassista con il cagotto citato nel post precedente che, grondante di riconoscenza per averlo supportato nel momento del bisogno (quello grande), ha voluto a tutti i costi mostrarmi le sue capacità di autista imboccando almeno tre volte stradine contromano, oltre ad ignorare completamente l'abbinamento curva\freccia.</span><br />
Stupisce però lo stesso che, a fronte di una mancanza totale di regole del
buon senso, ci sia invece una precisione svizzera nella procedura per ottenere
l’agognato foglio: acquisire la patente infatti è una faccenda rapidissima e
(ma questo si era capito) richiede delle informazioni che nulla hanno a che
fare con la guida. Servono in sostanza un documento di identità valido ed un attestato
di residenza ricavabile da una qualsiasi bolletta, che però non deve essere
necessariamente a proprio nome (quindi me ne sfugge totalmente il senso): come
a dire, porto la bolletta della luce del mio compagno delle elementari e loro
riportano quello come il mio indirizzo di residenza.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Vengono quindi richieste due informazioni salienti come lo stato civile e
il gruppo sanguigno. Fatto ciò, pagati gli 800 pesos di routine e scattata la
foto a denti stretti (ma almeno senza sputo sui capelli), nel giro di una quarantina di minuti si esce dall’ufficio
della tesoreria, strizzato tra un sexy shop ed un negozio di astrologia nel centro
commerciale più squallido che io abbia visto negli ultimi anni, con in mano una
patente valida in tutto il Messico per i prossimi tre anni.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Pare però che la pacchia (o il rischio di morte, a seconda dei punti di
vista) stia per finire, da quando cioè le pressioni di una attivista e
promotrice di una campagna per la sicurezza stradale urbana hanno mobilitato a
tal punto l’opinione pubblica da prevedere una modifica delle regole a partire
da quest’estate.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Pare (si dice/si mormora) che dal mese di luglio tutte le nuove patenti (quindi
non solo quelle dei minorenni, ma a maggior ragione anche dei maggiorenni e dei
vecchi rincoglioniti) potranno essere acquisite previa esame teorico e pratico. E considerando che siamo in settembre e che nulla è cambiato la vedo dura.</span><br />
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Oltre al fatto che resta da vedere come la novità potrà essere gestita in concreto,
considerando la costante tendenza alla mazzetta dei funzionari pubblici locali
e la mancanza di certificazione delle scuole guida locali, al momento
non più di una trentina, che su quasi nove milioni di abitanti del solo
distretto federale sono un po’ pochine. </span><br />
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">E soprattutto temo ci vorranno anni
prima di riuscire a trovarne beneficio nel traffico locale, che in molti casi è
una esperienza di quelle da segnare nei propri annali, come la caccia a mani nude
nella steppa artica o il <i>bungee jumping</i> dall’Empire State Building.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-zhIUqTIs7iI/W5ar6P_o7_I/AAAAAAAAB6s/5LnGX3SNxiUqrbBsdz-XqQQO8AsbEa4aACLcBGAs/s1600/20180910.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="688" data-original-width="1600" height="274" src="https://1.bp.blogspot.com/-zhIUqTIs7iI/W5ar6P_o7_I/AAAAAAAAB6s/5LnGX3SNxiUqrbBsdz-XqQQO8AsbEa4aACLcBGAs/s640/20180910.jpg" width="640" /></a></div>
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<br />Giohttp://www.blogger.com/profile/09814346131767727490noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-5956095861693450265.post-88000824358240116652018-09-03T23:54:00.003+02:002018-09-03T23:54:46.540+02:00UN GIORNO DI ORDINARIA NORMALITA'<div style="text-align: left;">
<span style="text-align: justify;">Quando sono rientrata in Italia
per le vacanze estive, a fine giugno, mi sono resa conto parlando con alcune
amiche del tono insofferente con cui ho condito i miei racconti sulla vita in
Messico alla classica domanda </span><i style="text-align: justify;">Come vanno
le cose?</i><span style="text-align: justify;"> E mi sono anche accorta di non riuscire a motivare fino in fondo
il mio disagio, perché sulla carta non ci si dovrebbe lamentare a vivere qui
come vivo io. Tuttavia, questo paese è estremamente faticoso e mi crea un
costante senso di frustrazione, soprattutto se come me non si ha molta
elasticità mentale e si crede che tutto il mondo funzioni a modo proprio.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
Ma
spesso e volentieri questa frustrazione non la riesco a spiegare fino in fondo.</div>
</div>
<a name='more'></a><div style="text-align: justify;">
Molti di questi stati d'animo passano attraverso il fatto che i messicani, volenti o nolenti, fanno molta fatica a rispettare gli impegni. Ovvero, magari li onorano anche, ma il più delle volte secondo una tempistica tutta loro, cosa che mi manda in bestia. In alcuni casi (o forse molti, ma alla fine ho il sospetto che sia pure un pretesto) ciò è dovuto al traffico spaventoso che accompagna qualsiasi spostamento urbano e che stravolge orari, piani, programmi in maniera totalmente incontrollabile.<br />
Volendo fare un esempio, la
settimana scorsa ho organizzato una festina di compleanno per mia figlia che
avrebbe dovuto svolgersi così: ritiro bambine più tre compagne di classe dopo
la scuola, rientro a casa, arrivo di altre due amiche, pranzo, arrivo della manicure
a sorpresa, torta, forse film, saluti e baci.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
Ecco che invece le cose si sono
un tantino complicate.</div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<b>13.30</b> </div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
Sebbene la campanella
suoni alle 14:30 decido di uscire di casa un’ora prima perché so che per fare 6
km potrei anche metterci un’ora (se non trovo il taxi, se c’è traffico o se
succede un qualsiasi imprevisto, che nel mio caso è SEMPRE dietro l’angolo).
Siccome in passato mi è capitato di fare male i conti, non voglio avere
sorprese. Come quella volta che il tassista Uber mi è passato a prendere
rubizzo in volto, chiedendomi di poter usare il bagno del custode. Siccome il
mio custode non ha una guardiola, ho deciso di accompagnare il poveretto da
Starbucks, pagando pure il <i>vallet parking</i> mentre lui si svuotava l’intestino di
qualche porcheria piccante ingurgitata poco prima, cosicché il mio lungimirante
anticipo si è trasformato in un discreto ritardo.<br />
Questa volta invece trovo un
tassista senza diarrea, il ché è un discreto plus che mi consente di arrivare in perfetto orario a scuola ed ho
anche il tempo di prendermi un caffè da quelle parti. Senza nemmeno pagare il parcheggio.</div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<b>14:29</b></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
Sono in coda per il
ritiro delle bambine. Dovendo prenderne 3 più le mie, avevo deciso di prenotare
preventivamente un Uber X, che può ospitare fino a sei persone più il guidatore.
Quando si prenota un Uber in genere viene dato un <i style="mso-bidi-font-style: normal;">range</i> di tempo di arrivo, che avevo fissato tra le 14:35 e le
14:50. Le bambine sono le ultime ad uscire, con io che scalpito un po’ perché
so che il taxi arriverà a momenti (ah-ah-ah) e non voglio perderlo di vista.<br />
Peccato
che quando la via della scuola si è ormai svuotata di tutti - bambini, scuolabus,
insegnanti, genitori - e i cancelli sono chiusi, noi siamo ancora lì in attesa
di un autista che non si vede. E nella comunicazione con Uber appare chiaro che
il traffico del giorno in una scala da 1 a 10 è indicativamente 85. </div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<b>14:51</b></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
Usciti dal range di
sicurezza, comincio a sudare la mia prima goccia, perché ho già capito che la
giornata finirà da schifo.</div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<b>15:02</b></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
Il mio Uber prenotato ci
avvisa che arriverà grosso modo alle 15:29, minuto più o minuto meno. Schiumando,
mi consulto con il consorte e decido di annullare la prenotazione con questo
autista per cercarne un altro più prossimo. Lo trovo, anche se comunque ci
avvisa che arriverà alle 15:15. Decido allora di avvisare le mamme delle
bambine che devono presentarsi a casa mia alle 15:30 di arrivare almeno
mezz'ora dopo. Perché in Messico non bisogna MAI fidarsi di un orario. </div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
Di recente ho avuto bisogno di un
idraulico ed ho imparato a mie spese che se l’appuntamento è il martedì alle
10:00, in primo luogo costui non ti avviserà del ritardo e poi, quando tu lo
avrai chiamato intorno a mezzogiorno e lui ti avrà detto la famigerata parolina
<span style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i>ahorita</i></span>, non si presenterà né quel
giorno, né il successivo, ma più probabilmente intorno a venerdì alle 15:00.</div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<b>15:15 </b></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
Il nulla. </div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<b>15:33</b> </div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
Finalmente arriva una
macchina. L’autista sbianca, trovandosi di fronte una donna isterica e cinque
bambine urlanti, ma poi, forse conscio del mio sguardo assetato di sangue,
rinuncia a battersela a gambe e ci fa salire. Il tragitto, mediamente di 15/20
minuti dura più del doppio. Capisco che le altre mamme con bambine e la
signorina della manicure arriveranno prima di noi e cerco di avvisare. Nel
mentre, sono incerta se fumarmi tutto l’inquinamento di Città del Messico
nell'ora di punta o morire assiderata coi finestrini alzati e l’aria
condizionata a 12 gradi proposta dall'autista.</div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<b>16:23 </b></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
Cinquanta minuti,
un’ibernazione e sei chilometri dopo arriviamo, giusto in tempo per racimolare
le altre due bambine e salire in casa.</div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<b>16:30 </b></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
Le bambine schiamazzano
tutte contente (perché, diciamolo: mentre io scleravo, loro se ne fregavano
bellamente di ritardi e traffico) e io preparo il pranzo. Nella mia inutile
meticolosità avevo già tutto pronto, anche perché avrei dovuto ricevere nello
stesso orario l’idraulico di cui sopra, che ovviamente non si è presentato né quel
giorno né il successivo.<br />
L’idea è (era? sarebbe stata? fu?) di far loro iniziare la manicure e poi farle
mangiare tutte insieme. </div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
Peccato che la signorina che deve
fare le mani, Priscila, non arrivi, quando al telefono mi aveva assicurato di
essere praticamente sotto casa mia.</div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<b>16:45</b> </div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
Telefonata di Priscila. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Sono quasi arrivata</i> - mi dice - <i style="mso-bidi-font-style: normal;">sono il via xxxx</i>. Ovvero qualcosa come
dieci isolati da casa mia. No, le rispondo, guarda che non sei quasi arrivata,
tesoro. Ti manca un bel pezzo. E se magari – siccome sai da una settimana che
devi venire a casa mia – ti fossi studiata prima la strada, ora non saresti a
un chilometro abbondante da qui.<br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Arrivo!</i>
mi assicura. <i>Ahorita!</i></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<b>17:10 </b></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
Telefonata di Priscila
bis. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Sono quasi arrivata </i>- ribadisce
- <i style="mso-bidi-font-style: normal;">sono alla rotonda xxxx</i>. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Solo che adesso non so da che parte andare. <o:p></o:p></i></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
Io ingoio il desiderio di dirle
che se i selfie su wattsapp li sa fare bene, a consultare una cazzo di mappa
online non deve avere ancora imparato e le spiego dove andare. </div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<i>Ahorita!</i></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<b>17:20 </b></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
Diluvio universale con
tromba d’aria. Vabbè, anche umida, basta che arrivi.</div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<b>17:40 </b></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
Priscila compare<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>alla porta, in una scia di profumo che
impesta la casa. Umida si, ma pensavo peggio. Dispone tutti i suoi smaltini
bene in linea e finalmente comincia a lavorare.<br />
E - che ve lo dico a fare? - lavora con
una lentezza da fare spavento. </div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<b>19:20 </b></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
Quando la prima mamma
suona al citofono per riprendersi la figlia, la torta ovviamente non è stata
ancora neanche avvicinata perché la donna bradipo si è persa nel suo meandro di
smalti e stickers. E malauguratamente, quando finalmente anche l’ultima
invitata se ne va, questa decide che a tutti costi vuole farmi le mani pro
bono, quando ho già visto che </div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
1) è un po’ una capra e lavora male</div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
2) la giornata
è stata lunga e sarà stanca, quindi lavorerà peggio </div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
3) la giornata è stata
lunga e io non ne ho un caxxo di voglia</div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<b>20.15 </b></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
Finalmente Priscila, convinta di essersi accaparrata una cliente per la vita, ci
lascia.<br />
Io respiro e posso crollare sul divano dopo sette ore di imprevisti, in cui praticamente nulla è andato come doveva e in cui ho fatto una fatica enorme a non cedere alla crisi isterica.<br />
E poi la sento mia figlia, che arriva tutta garrula e mi dice: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Mom, best party ever!!!</i><span style="mso-bidi-font-style: normal;"> e allora pensi che lei ha sicuramente ragione e io, davanti a me, ancora tanta, ma tanta strada da fare.</span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-Rm2Ru4MC0Zs/W4nCJQrFEAI/AAAAAAAAB6U/NGxlbYXrms80YCQmNTKr3ty1u2jhziEKQCLcBGAs/s1600/20180831.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="688" data-original-width="1600" height="274" src="https://2.bp.blogspot.com/-Rm2Ru4MC0Zs/W4nCJQrFEAI/AAAAAAAAB6U/NGxlbYXrms80YCQmNTKr3ty1u2jhziEKQCLcBGAs/s640/20180831.jpg" width="640" /></a></div>
<br /></div>
<br />Giohttp://www.blogger.com/profile/09814346131767727490noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-5956095861693450265.post-60385876880854828382018-06-13T19:19:00.002+02:002018-06-13T19:19:45.358+02:00LA KILLER DI MUCHACHAS<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
Quando si vive all'estero le classiche cose che a casa
propria sono più o meno di routine possono diventare abbastanza complicate se
non si colgono sin da subito le dinamiche locali. O in alcuni casi se si ha una
buona dose di sfiga, come è capitato a me con un tema capitale: trovare una
donna di servizio decente e, soprattutto, riuscire a mantenerla.</div>
<a name='more'></a><span style="font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span><br />
<div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
Grossomodo come in Cina, e scusate se continuo a
reiterare il paragone, la donna di servizio è un must tanto dei locali quanto
degli stranieri, perché costa poco, se paragonato <span style="font-size: 13.5pt;">all'Europa</span> o
agli Stati Uniti. Una donna di servizio qui viene pagata tra i 50 e gli 80
pesos <span style="font-size: 13.5pt;">all'ora</span>, ovvero dai due ai quattro euro. Per questo motivo molte
persone (benestanti) preferiscono quella che viene chiamata la <i style="mso-bidi-font-style: normal;">muchacha de planta</i>,
ovvero la donna fissa, che dorme in un suo piccolo stanzino e quindi è
disponibile tutta la settimana, in genere 6 giorni su 7. In alternativa esiste
la <i style="mso-bidi-font-style: normal;">muchacha
entrada por salida</i>, che lavora diverse ore al giorno per un numero di
giorni variabile.<o:p></o:p><span style="font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
Nel mio caso, un po’ perché non ho il famigerato
stanzino (il cosiddetto “cuarto de servicio” che nel giro case dell’anno scorso
sembrava essere la parte più essenziale di ogni appartamento) e un po’ perché
non amo avere gente intorno, opto per la seconda scelta, limitando le mie
necessità a due giorni a settimana. Mi informo e mi rendo conto che trovare una
persona di servizio è molto facile, mentre trovarne una raccomandata è ben più
difficile. Dove per raccomandata si intende onesta ma non
necessariamente brava o capace.<span style="font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span lang="IT">O, chessò, veloce.</span><span style="font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span lang="IT">Primo tentativo: arriva Karina (detta
Kari) signora molto silenziosa, a tratti truce, che lavora
abbastanza bene e che tengo un paio di mesi. Peccato che ai miei occhi Karina
ha due difetti: arriva al lavoro intorno alle 10:30 e un giorno su tre ha un
figlio malato/morente/infermo/senza scuola, cosicché i miei due efficacissimi
giorni alla settimana diventano sempre più spesso quattro miseri giorni al
mese. Inoltre ‘sta cosa che arrivi così tardi mi spazientisce: in Messico la
scuola inizia prestissimo quindi io alle 7:30 sono già operativa e volendo già
docciata, vestita e pimpante (si fa per dire). Dover stare in attesa della
muchacha per le successive tre ore, con il rischio che rimanga per casa ben
oltre il rientro delle mie figlie da scuola, con conseguente occupazione dei
principali spazi vitali suoi e nostri, l’ho ritenuta una cosa ingestibile.</span><span style="font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span lang="IT">Decido quindi di salutare Karina
dandole il benservito, con grandi proteste da parte sua.</span><span style="font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span lang="IT">Più o meno negli stessi giorni appare
alla mia porta Jennifer (detta Jen), inviatami dalla signora del
piano terra su raccomandazione della sua muchacha. Ed ecco che l’arrivo di Jen
mi sembra una visione. Perché mi dice che può arrivare alle 8:30,
chiede meno soldi e non ha figli. </span><span style="font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span lang="IT">Non posso credere alla mia fortuna,
che però dura pochissimo. </span><span style="font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span lang="IT">Jen ha la velocità nelle pulizie del
bradipo Flash, pulisce come mia figlia con le sue richieste, ovvero girandoci
intorno, e <i style="mso-bidi-font-style: normal;">dulcis
in fundo</i> mi chiede se può fare colazione a casa mia dal momento che
arriva così presto (che poi, vabbé presto…).</span><span style="font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span lang="IT">I più attenti ricorderanno che anche a
Shanghai ero stata folgorata dalla richiesta della donna di servizio, la mia
mitica ayi, di potersi fare la doccia dopo il lavoro. E se inizialmente la cosa
mi aveva turbato, in seguito avevo capito che era una richiesta abbastanza
comune dovuta al fatto che molta gente (povera) non ha la doccia in casa, se
non addirittura il bagno.</span><span style="font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span lang="IT">Ecco quindi che la richiesta della
colazione mi sembra una cosa molto ragionevole da parte sua tanto quanto
accettarla pare democratica e <i style="mso-bidi-font-style: normal;">open-minded</i> da
parte mia. La tipa lavora nei giorni in cui ho classe di spagnolo, quindi
la vedo al massimo una mezz'ora prima di uscire e a volte non la incrocio
neanche quando rientro. Mi rendo però conto che ogni volta il frigorifero è
praticamente saccheggiato: come minimo si fa fuori tre uova e almeno un quarto
di litro di latte, oltre ad insaccati o formaggi se ne trova. Una volta torno a
casa prima del previsto e la trovo in bagno, dal quale proviene rumore di
musica e in cui si trattiene almeno dieci minuti, mentre la cucina è un campo di
battaglia : padelle, frullatore e piatti sporchi in giro.</span><span style="font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span lang="IT">Mentre anche le mie palle frullano,
aspetto che esca dal bagno e intanto parlo con mia figlia, che ero andata a
prendere a scuola prima del tempo. Quella esce, rassetta alla bene e meglio e
se ne va senza neanche salutare. Al ché, frullatissima, le scrivo un messaggio
minatorio in cui la cazzio a dovere. Lei risponde implorante che aveva mal di
pancia (ettecredo<i style="mso-bidi-font-style: normal;">)</i> e
che mi aveva salutato, ma piano perché stavo parlando con la bambina. Decido di
darle un’altra possibilità, anche perché non mi sorride dovermi mettere a
cercare un’altra volta. Dopo un paio di altre settimane però, la famelica Jen
si dimostra rapida solo a razziare il mio frigorifero, cosìcché mi trovo
costretta a salutare anche lei.</span><span style="font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span lang="IT">Stessa scena strappalacrime della
precedente, stesso pippotto sulla difficoltà di trovare lavoro, stesso senso di
colpa mio. </span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span lang="IT">Comincio a sentirmi a disagio. </span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span lang="IT">Io, che in quasi 5 anni in Cina non
ho mai avuto il coraggio di cacciare la mia ayi perché in fondo mi ero affezionata anche se era una schiappa a pulire, mi scopro una “killer di muchachas” in piena regola.</span><span style="font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span lang="IT">Determinata a darmi un break in questa
estenuante ricerca, vengo spiazzata da una amica che mi pone la fatidica
domanda: “Cerchi ancora?” ed io ho la brillante idea di dire di si. Soprattutto
perché le premesse paiono allettanti: si tratta della figlia trentenne della
muchacha della mia amica. Purtroppo ha figli come la prima (vabbé, solidarietà
femminile, dai!) e purtroppo può arrivare solo alle 10:00 (suvvia, ma in fondo
cosa cambia!) però in un certo senso é raccomandata, mi dico (da sua madre,
aggiungerei con il senno di poi), quindi butto il cuore oltre l’ostacolo ed
ecco che Guadalupe (detta Lupe) si presenta alla mia porta. Appare da subito
efficiente, a suo agio, forse troppo, specie quando il secondo giorno di lavoro
mi chiede se ho vestiti da bambini da regalarle e se posso raccomandarla a
qualche mia amica perché cerca altro lavoro. </span><span style="font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span lang="IT">Perplessa lascio correre.</span><span style="font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span lang="IT">Poi però, una settimana dopo l’arrivo
di Lupe, scopro con orrore che una bella mazzetta di Euro che avevo nascosto
nel mio closet sotto una pila di magliette é scomparsa. Volatilizzata. Il
dubbio però mi attanaglia: se è certo che è stata una donna di servizio, lo è
molto meno capire QUALE delle due, dal momento che la mazzetta era lì da un bel
po’.</span><span style="font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span lang="IT">L’ingorda Jennifer o l’impertinente
Lupe?</span><span style="font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span lang="IT">Voglio ovviamente credere con tutta me
stessa che sia stata la prima, dal momento che la seconda sta lavorando ancora
da noi, però non sono tranquilla, perché la certezza matematica non posso
averla. Tanto più che mi sembra strano che una (Jen) che mi ha fregato un
malloppo pari a circa quattro mesi del suo stipendio, mi continui a scrivere in
cerca di lavoro.</span><span style="font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span lang="IT">Penso di architettare trappole
pecuniarie create a bella posta per verificare se il fatto si ripeta, ma poi
non mi sento di essere così bieca e penso che tanto non c’è più molto da
rubare, se non il suo stesso salario a fine settimana. Meglio tenermi Lupita,
che lavora lenta come la fame e male anche lei, ma la casa è grande e comincia
ad averne le palle piene di tutto questo giro di persone.</span><span style="font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span lang="IT">Poi, il suo bambino si ammala e lei
non viene un giorno. Io penso che non importa, ovviamente, e che mi devo
rassegnare a questa dinamica e sfoderare davvero la mia solidarietà femminile.
Il pomeriggio del giorno prima di quello lavorativo le scrivo
chiedendole se il bambino è guarito. Mi risponde l’indomani, ben oltre l’inizio
dell’orario di lavoro confermandomi che il piccolo è ancora malato. Abbozzo,
chiedendole però di non avvisarmi DOPO l’orario in cui dovrebbe essere a
lavorare a casa mia, ma magari un tantino prima. Passa il fine settimana e la
sera prima del nuovo giorno di lavoro le chiedo nuovamente se il figlio è guarito.</span><span style="font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span lang="IT">Passano le ore, niente.</span><span style="font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span lang="IT">Passa un giorno, nulla.</span><span style="font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span lang="IT">Passa un secondo giorno, nisba.</span><span style="font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span lang="IT">A questo punto, furibonda, le scrivo
un messaggio in cui la liquido dicendole in pratica che è una maleducata. E lei - ovviamente - non risponde nemmeno a quello. </span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span lang="IT">Ho poi saputo, tramite la madre che lavora dalla
amica, che avrebbe voluto chiamarmi ma siccome il tono del mio messaggio era
alterato, non l’ha fatto.</span><span style="font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span lang="IT">E ora scornata mi ritrovo punto e a
capo, con nessuna voglia di sperimentare i piaceri delle muchachas locali, ma
almeno con una unica solida certezza.</span></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span lang="IT">Ora almeno so per certo chi ci ha fregato
i soldi.</span><span style="font-size: 13.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<o:p></o:p>
<o:p></o:p>
<o:p></o:p>
<o:p></o:p>
<o:p></o:p>
<o:p></o:p>
<o:p></o:p>
<o:p></o:p>
<o:p></o:p>
<o:p></o:p>
<o:p></o:p>
<o:p></o:p>
<o:p></o:p>
<o:p></o:p>
<o:p></o:p>
<o:p></o:p>
<o:p></o:p>
<o:p></o:p>
</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-EOX6SXz-mdw/WyFOoT-Oa6I/AAAAAAAAB6A/drU_JaOvH0oNu6BdWckk5OH690APvkYjACLcBGAs/s1600/20180613.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="688" data-original-width="1600" height="274" src="https://1.bp.blogspot.com/-EOX6SXz-mdw/WyFOoT-Oa6I/AAAAAAAAB6A/drU_JaOvH0oNu6BdWckk5OH690APvkYjACLcBGAs/s640/20180613.jpg" width="640" /></a></div>
<span lang="IT" style="font-size: 12.0pt; mso-ansi-language: IT;"><br /></span></div>
<br />Giohttp://www.blogger.com/profile/09814346131767727490noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5956095861693450265.post-58599326900172274172018-03-20T21:41:00.003+01:002018-03-20T21:41:33.329+01:00CHIU' PILU PE'TUTTI<div style="text-align: left;">
<span style="text-align: justify;">Tutto inizia quando mia figlia torna da scuola con il muso lungo e mi dice
che i compagni l’hanno presa in giro. E fin qui nulla di strano (si fa per
dire). </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Strano è invece scoprire che l’hanno presa in giro perché NON si mette
il gel sui capelli. E allora, vaglielo a spiegare alla pargola, che non è che
proprio tutto il mondo ha l’abitudine di impomatarsi il cucuzzolo e che magari
quelli anomali sono loro. </span></div>
<a name='more'></a><span style="text-align: justify;">Perché, dovete sapere, i messicani hanno diverse ossessioni in fatto di
capelli, equamente distribuite tra quelle più prettamente femminili e quelle
più decisamente maschili, o maciste, se si preferisce.</span><o:p></o:p><br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Quella meno drammatica è la fissazione per i fiocchi, rigorosamente enormi
e coloratissimi. I <i>moños</i>, che ovviamente sono appannaggio delle bambine,
adornano le teste delle piccole messicane e si posizionano indistintamente in
tutte le aree geografiche della testa: ai lati come al centro. Le bambine
cominciano ad essere adornate prima con orribili fascette in tessuto e poi con
fiocchi sempre più esuberanti, grosso modo dalla nascita fino all'età
prepubere.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Molto spesso, i fiocchi si abbinano alle trecce, altra ossessione locale
complessa e difficile da replicare. Ci sono trecce tradizionali, trecce doppie,
singole ma a “scala cinese” (andate a cercarvele su internet se avete il
coraggio), che partono dall'alto, che formano complicatissime coroncine,
talmente difficili da replicare per me e talmente facili per tutte le altre
mamme e tate che ormai le mie figlie al mattino si spazzolano solo i capelli e
aspettano di salire sullo scuola-bus dove le aspetta una signorina che
evidentemente ora è diventata la loro stylist di fiducia. E
quando tornano a casa al pomeriggio sono acconciate come reginette. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">D’altra parte, non scordiamoci che anche la celeberrima Frida Kahlo
spendeva quotidianamente almeno un’ora in elaborate acconciature in cui le
trecce erano sempre grandi protagoniste.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Poi c’è il capitolo gel, che in realtà in Messico è un vero e proprio mondo
(e business) che spazia dalla tradizionale gommina alla brillantina, dallo
spray alla crema, dalla cera fino alla semplice spruzzata d’acqua, per
garantire l’effetto bagnato. Le opzioni sono moltissime perché il messicano
ritiene che per essere presentabile ed apparire pulito ed ordinato sia indispensabile
un capello che abbia un effetto a metà tra il bagnato e il granitico. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Qualche mese fa sono andata con le bambine a fare le foto per il visto di
residenza e accanto alla sedia del fotografo c’erano spazzola, pettine (che
ovviamente mai avrei usato) e spruzzino d’acqua. Pur avendo tentato di ignorare
la cosa, la fotografa ci ha praticamente obbligate ad impomatarci dicendo che
in Messico non si accettano foto sui documenti che non siano con il viso ben in
vista (e fin qui ok) e i capelli tirati all'indietro. Di fatto non c’è
stato verso di opporsi quindi ci siamo ritrovate con delle foto inguardabili in
cui sembriamo appena uscite dalla piscina dopo essere passate dalla
galleria del vento. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Ho fatto una piccola ricerca ed apparentemente il gel resta la scelta più
gradita per i messicani, perché garantisce pettinabilità e durata. I prodotti
sono moltissimi e costituiscono una fetta di mercato enorme per il paese,
perché non c’è messicano che non ne faccia uso, quanto meno per le occasioni
più ufficiali, dal matrimonio alla prima comunione, spaziando per la
prevenzione dei pidocchi (lo giuro: a scuola, dopo un paio di casi accertati,
si sono raccomandati che i bambini venissero a scuola accuratamente tirati a
lucido e brillantinati).<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Pare che fino a qualche anno fa il prodotto più in voga fosse uno
chiamato Moco de gorilla, dove moco in spagnolo sta per muco (un nome che
spacca insomma, della serie “Il marketing come lo facciamo noi, nessuno mai”).
A quanto ho letto, tale era il successo del moco de gorilla che negli USA hanno
importato il brand per commercializzarlo tra i moltissimi immigrati messicani e
anche tra i cosiddetti Guidos, ovvero i giovanotti tamarri italo americani che
spopolano negli Stati Uniti (che onore). Salvo aver poi scoperto che il prodotto
è tossico e averlo estromesso dai loro mercati.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Impomatarsi è simbolo di macismo e di vanità, un po’ come mangiare
piccante, ma è allo stesso modo qualcosa per cui i messicani sanno prendersi in
giro. O prendere in giro. L’esempio più lampante è quello dell’attuale
presidente del paese, Enrique Peña Nieto (detto EPN, manco fosse JFK) che è
oggetto di numerosissimi "sfottò" sui social networks per
essere, e qui lo dico in maniera edulcorata, leggermente vanitoso. Ho avuto
occasione di chiacchierare nei mesi scorsi con diversi messicani di estrazione
sociale piuttosto varia e tutte le volte che ho chiesto impressioni sul
presidente il giudizio è stato unanimemente negativo: Peña Nieto appare con un
somaro ignorante e discretamente <i>gaffeur</i>, che a suo tempo ha conquistato
il paese con il suo capello perfetto e maniacalmente acconciato. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Non a caso è
stato definito GEL BOY. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">E ridendo e scherzando, il gel boy si é accaparrato il governo di un
paese per sei anni, il ché non sarà tutto merito della gelatina che ha in
testa, ma secondo me qualche cosa deve aver pur contato.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Per cui, cara figlia mia, sappi che in questo paese
apparentemente se vuoi avere successo e essere rispettato ti viene richiesto di impomatarti
a dovere, salvo che poi, a conti fatti e come si sul dire (certamente a proposito), tutti i nodi vengono al pettine,
quindi, tieniti tuoi capelli come sono: ricci, ribelli, impenetrabili e
selvaggi, che a noi vai benissimo così.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-MUznG16EeV8/WrFwD-xgJEI/AAAAAAAAB5s/_Ip42DQYHmoPKGtP1WFV5MQBE39m0VPTwCLcBGAs/s1600/20170320.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="688" data-original-width="1600" height="274" src="https://3.bp.blogspot.com/-MUznG16EeV8/WrFwD-xgJEI/AAAAAAAAB5s/_Ip42DQYHmoPKGtP1WFV5MQBE39m0VPTwCLcBGAs/s640/20170320.jpg" width="640" /></a></div>
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<br />
<br />Giohttp://www.blogger.com/profile/09814346131767727490noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5956095861693450265.post-77745742876394146652018-02-21T05:19:00.001+01:002018-02-21T05:19:05.385+01:00RUMORI<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Una cosa che accomuna Città del Messico e Shanghai è il fatto che in entrambe
queste metropoli la gente vive moltissimo la strada, diversamente da noi
italiani, per esempio, che nelle grandi città (o almeno a Milano) difficilmente
abbiamo luoghi di aggregazione all'aperto spontanei, a meno di essere
spacciatori di crack. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Qui invece, esattamente come in Cina, la vita si svolge
molto all'aperto e non tanto per il caldo (dato che - come ho avuto modo di
ribadire ampiamente - NON fa sempre caldo) ma piuttosto perché è un fatto di
costume, nato anche perché per tanta gente la propria casa non è un
luogo particolarmente accogliente, quindi ci si incontra in giro, si mangia
fuori, si chiacchiera seduti sulle panchine, si portano i bambini a
passeggio. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Per questo motivo le strade
sono molto vive e, di conseguenza, molto rumorose. E i rumori, ho scoperto
gradualmente, sono anch'essi estremamente diversi da quelli cui ero abituata
in Italia: alcuni sono innocui, altri piacevoli, altri ancora sono invece
fastidiosissimi.</span></div>
<a name='more'></a><span style="text-align: justify;">La maggior parte dei rumori di strada è causata dagli ambulanti che
affollano non solo le vie del centro storico, ma un po’ tutti i quartieri, inclusi quelli un po’ fighetti come il mio. Gli ambulanti cercano ovviamente di
vendere qualcosa e per farlo devono attirare l’attenzione.</span><o:p></o:p><br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Ci sono quelli più discreti, come ad esempio l’omino dei gelati, che
generalmente si posiziona tranquillamente ai lati di slarghi e piazzette e
suona un garbato campanellino. Il gelato fa un po’ cagare e ha un colore
sintetico, ma <i>l’heladero</i> – così si
chiama - fa simpatia, probabilmente perché rispetto ad altri ambulanti non è
molto rumoroso. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Sempre nella categoria dei “sobri ma non troppo” rientra l‘arrotino, che se
da noi urla ai quattro venti di essere arrivato e di fare anche l’ombrellaio,
qui in Messico si chiama <i>affilador</i> e
gira con una bicicletta scalcagnata e in tasca l’arma segreta. Un odioso
flautino (tipo flauto di pan) con cui allieta il prossimo, richiamando
l’attenzione della gente. E, se la prima volta che lo senti (o lo vedi) ti
senti molto turista in vacanza che ha scoperto una cosa pittoresca e sorridi
benevolo, alla centesima in cui ti colpisce con il suo sibilo, vorresti solo uscire di casa con tutti i coltelli che hai, ma non per farglieli affilare.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Appena un gradino sopra si posiziona il <i>merenguero</i>, ovvero il venditore di paste, quel genere di dolci, per
intendersi, che alzano il colesterolo solo a guardarli da lontano. Costui vende
essenzialmente due cose: dei cannoli, ovviamente fritti, </span><span lang="IT">ripieni di panna rosa e bianca, del diametro del
braccio di mia figlia e degli sfilatini di meringhe, sempre rosa, un poco più
grandi. Per farsi notare ovviamente urla a squarciagola, con un'inflessione
della voce tutta particolare (<i>merengeeeeeeeeeeeees</i>)
né più né meno dell’omino del cocco fresco in spiaggia, solo che qui hanno
tutti un timbro di voce che spacca i timpani, credo per via de</span>gli zuccheri nel sangue.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Nella categoria degli urloni rientra anche l’uomo del gas: passa con
cadenza settimanale dalle mie parti, su un camion pieno di bombole (la
sicurezza innanzitutto) e appollaiato sul retro comincia ad ululare alla luna
le sue parole magiche: <i>el gas, el gas</i>. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Che poi uno che vende il gas non è che possa urlare molto altro.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Arriviamo così al podio: al terzo posto metterei l’uomo con l’organetto.
Questa figura si trova per lo più in centro o di fronte a ristoranti molto
frequentati. E aggiungerei grazie al cielo, perché se mi trovassi <i>l’organillero</i> sotto casa potrei avere un
esaurimento nervoso. Se già in partenza il suono dell’organetto è fastidioso,
suonato da costoro diventa un’agonia insopportabile: l’organetto si gira con la
manovella, quindi già di per se’ non c’è nessun tipo di valore aggiunto da
parte di chi lo movimenta. Se poi l’omino la manovella la gira svogliatamente,
il risultato è una nenia da suicidio. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">O omicidio, a seconda del proprio livello
di aggressività.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Al secondo posto si posiziona il robivecchi, quello che compra tutto (a due
lire, suppongo) e che a me ricorda l’infanzia, perché anche in Italia esiste,
almeno nei piccoli centri, qualcosa di molto simile. Non sto a rimarcare che
però il robivecchi messicano rompe i maroni molto di più, perché la voce
registrata è una litania indescrivibile. Giuro, non voglio fare la vittima, ma
non si può sentire. Così, in un loop continuo, una voce registrata, femminile e molto nasale,
urla ai quattro venti il seguente testo:<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">SE COMPRAAAAN COLCHONEEEES, XXXXXX (suvvia, non capisco proprio tutto),
REFRIGERADOREEEES, ESTUFAAAAS, LAVADORAAAAAS, MICROONDAAAAS, O ALGO DE FIERRO
VIEJO QUE VENDAAAAAAAAAAN!!!!! E via da
capo. </span>Cosicché l'unica speranza è che il camioncino si sposti dal tuo raggio
uditivo nel minor tempo possibile.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Ma al top del top c’è LUI, la figura che ho impiegato mesi ad individuare
perché per qualche strano motivo sentivo solo da casa oppure vedevo solo quando non era in attività. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Lui, il famigerato <i>camotero</i>.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Il camotero è un ambulante che, su un carrettino sfigatissimo simile
ad una specie di forno, cucina al vapore essenzialmente due cose: camotes e platanos, ovvero patate dolci e banane. La cottura avviene dentro una
vaporiera dotata di un cassetto frontale, che viene aperto all'arrivo del
cliente. Il camotero prende la patata dolce, la apre e ci versa sopra mezzo
barattolo di <i>lechera</i>, una specie di
latte condensato un po’ più liquido, come se poi le patate non fossero
abbastanza dolci da sole.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">D'altra parte THAT'S MEXICO: nulla è mai abbastanza dolce!!<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">La furbata in questo caso è che il camotero sfrutta il vapore che si accumula
in cottura per scaricarlo tramite una specie di piccolo camino metallico
producendo al tempo stesso il suono che dovrebbe fare da attrattiva o quanto
meno da avviso. <i>Sono qui, sto producendo
un suono che romperebbe i cogli…timpani ad un sordo quindi forza!!!! Fatevi una
patata dolce affogata nel condensato, casomai non vi fossero bastate le paste
del merenguero!!! <o:p></o:p></i></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Il suono è una via di mezzo tra la locomotiva in partenza, le unghie sulla
lavagna, il tavolo con le gambe di metallo che struscia sul pavimento di marmo
e un acufene di proporzioni bibliche.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">E se non mi credete, aprite <a href="https://www.youtube.com/watch?v=QgBKoQ1NX8s">QUI </a>e alzate il volume al massimo.</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-ASyrH4zonIE/WozxapEY_FI/AAAAAAAAB5Y/xZznphj3XM4453-Rje12Kt1V7BUyXfJ7ACLcBGAs/s1600/20180220.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="688" data-original-width="1600" height="274" src="https://4.bp.blogspot.com/-ASyrH4zonIE/WozxapEY_FI/AAAAAAAAB5Y/xZznphj3XM4453-Rje12Kt1V7BUyXfJ7ACLcBGAs/s640/20180220.jpg" width="640" /></a></div>
<br />Giohttp://www.blogger.com/profile/09814346131767727490noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5956095861693450265.post-86011434139470569662018-01-30T20:51:00.001+01:002018-01-30T20:51:04.756+01:00DIMMI COME MANGI...<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 12.0pt; mso-ansi-language: IT;">Una cosa che non si può proprio vedere qui in Messico è
la televisione. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 12.0pt; mso-ansi-language: IT;">E lo dico senza pretendere che quella di qualsiasi altro paese
sia migliore, Italia inclusa. Però ricordo di aver approcciato il tubo catodico già durante i due viaggi di ispezione lo scorso gennaio e aprile, con grande
scoramento, perché vi assicuro che non c'è assolutamente nulla di vagamente
vedibile. Cose vecchie. Cose trash (peggio della De Filippi e ho detto tutto).
O vecchio trash. </span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 12.0pt; mso-ansi-language: IT;">Ci è capitato però qualche tempo fa di buttare un occhio
su YouTube dal televisore, che aveva in primo piano la stagione appena conclusa
di Master Chef Mexico, trasmessa da TV Azteca, canale di spicco paragonabile al
nostro Canale 5, per popolarità e ascolti.</span></div>
</div>
<a name='more'></a><div style="text-align: left;">
<span style="font-size: 12pt; text-align: justify;">Master Chef (che qui si pronuncia </span><i style="font-size: 12pt; text-align: justify;">mastercéf</i><span style="font-size: 12pt; text-align: justify;">) è un
fenomeno relativamente nuovo qui in Messico essendo solo alla terza edizione, ed è, almeno ai miei occhi, uno specchio notevole
del paese, ancor di più se messo a confronto con l'edizione italiana o
quella americana, tanto per dirne alcune.</span><o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 12.0pt; mso-ansi-language: IT;">E ora provo a spiegarmi. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 12.0pt; mso-ansi-language: IT;">Tanto per cominciare c'è una conduttrice, una
sciantosa quarantenne, con trascorsi nel mondo delle telenovelas, che dice cose
importanti come: "<i>Menos tres...dos..ahora</i>!". È sciantosa perché si
veste sempre come se andasse al Ballo della Rosa del Principato di Monaco, con
il risultato di sembrare costantemente fuori posto, a meno di avere come
concorrenti l’intera casata dei Casiraghi. </span><span style="font-size: 12pt;">A fare da giudici invece, tre figure
inquietanti, due uomini e una donna, sicuramente pregevoli cuochi, ma un
po' bizzarri sotto il profilo umano. E mentre i due uomini li descriverei
solo come eccentrici, la donna è veramente un fenomeno inquietante. La Betty
(Vazquez, così si chiama) si è presentata nelle precedenti edizioni semplicemente come una materna cuoca </span><i style="font-size: 12pt;">oversized</i><span style="font-size: 12pt;">, una specie di Wilma De Angelis
dei fornelli, ma con parecchie taglie in più. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 12.0pt; mso-ansi-language: IT;">Peccato che in questa edizione la popolarità debba averle dato alla testa, perché ha deciso di cambiare look, diventando una sorta di vergine di ferro
sadomaso, malauguratamente sempre <i>oversized</i>. </span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-2l6CGygrQOc/Wm-rLv1GoEI/AAAAAAAAB40/FIT6AMVI_yEYmg3nyi_V0ouzSLh1h1jpQCLcBGAs/s1600/LA%2BBETTY.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="1600" height="320" src="https://3.bp.blogspot.com/-2l6CGygrQOc/Wm-rLv1GoEI/AAAAAAAAB40/FIT6AMVI_yEYmg3nyi_V0ouzSLh1h1jpQCLcBGAs/s640/LA%2BBETTY.jpg" width="640" /></a></div>
<span style="font-size: 12pt;"><br /></span>
<span style="font-size: 12pt;"><br /></span>
<span style="font-size: 12pt;"><br /></span>
<span style="font-size: 12pt;"><br /></span>
<span style="font-size: 12pt;"><br /></span>
<span style="font-size: 12pt;"><br /></span>
<span style="font-size: 12pt;"><br /></span>
<span style="font-size: 12pt;"><br /></span>
<span style="font-size: 12pt;"><br /></span>
<span style="font-size: 12pt;"><br /></span>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12pt;">Ogni settimana la Betty ha sciorinato un modello
diverso di questa specie di armatura (in cui probabilmente potrebbero entrare
almeno due concorrenti), un corsetto felpato che puntata dopo puntata è stato
declinato in ogni modo: argento, rosso, con i lacci, decorato, in pizzo e via
dicendo. Il ché ha reso la presentatrice sciantosa totalmente irrilevante se paragonata a questa <i>mise, </i>tant'è<i> </i>che la credibilità della signora, così agghindata, pare abbia vacillato parecchio anche tra i suoi conterranei. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12pt;">Ma andiamo oltre, partendo dal fondo: a vincere
è stata una "campesina" (contadina) quasi sessantenne la cui
cucina è probabilmente di sostanza, ma certamente non di forma. Che per carità,
ci hanno anche fracassato le palle con la storia che un piatto va presentato con
originalità, con la pennellata di sugo, il fiore edibile, la spolverata di
croccantezza e bla bla. Ma qui si parla di piatti veramente brutti,
esteticamente paragonabili a quelli che mi preparo quando pranzo da sola e non ho voglia di cucinare, assemblando ingredienti </span><i style="font-size: 12pt;">ad cazzum</i><span style="font-size: 12pt;"> per fare in fretta e mangiando in piedi di
fianco al bancone della cucina. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12pt;">Ha vinto questa donna e questo tipo
di cucina perché è la massima espressione della Tradizione, che per i messicani
non è importante, è ESSENZIALE. </span><span style="font-size: 12pt;">Ed alla base della Tradizione ci sono
sostanzialmente questi piatti: tortillas, carne, tacos, zuppa, tacos (ah, li ho
già detti), carne, tortillas (dette?), carne e ancora carne. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12pt;">Non me ne vogliano i messicani ma la loro cucina é
estremamente basica, contrariamente a quanto loro stessi affermano. Qualsiasi
messicano vi capitasse di incontrare, nel giro di cinque minuti comincerebbe non
solo a parlare di cibo ma soprattutto a sciorinare quanto sia <i>r</i></span><i style="font-size: 12pt;">ica la comida mexicana</i><span style="font-size: 12pt;">, quanto sia
ampio lo spettro del loro cibo, quanta la varietà e i sapori. La verità è che
per quanto si tratti di un tipo di cucina piacevole e relativamente
facile al gusto, gli ingredienti che la compongono sono molto pochi, per cui si
tratta di varianti degli stessi elementi incrociati in modo diverso: mais,
frijoles, avocado, chili, carne e a volte pesce.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12pt;">E qui si torna a Master Chef, in cui per sedici
puntate di sono succeduti piatti in buona parte orrendi, presentati in orrende
stoviglie di coccio e con quella costante sensazione di </span><i style="font-size: 12pt;">deja-vu</i><span style="font-size: 12pt;">. Come se non bastasse, due volte su tre ai concorrenti
veniva chiesto di preparare un piatto a scelta. Che, voglio dire, se posso sempre scegliere di cucinare il cavolo che mi pare,
tanto vale che mi presenti pure io l'anno prossimo, che con le mie creazioni da
casalinga disperata rischio di fare un figurone.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12pt;">I concorrenti sono il solito
mix umano che abbiamo visto un po' in tutto il mondo, con la differenza che qui
si calca parecchio la mano sul disagio sociale. Buona parte dei partecipanti sono di ceto basso o molto basso, e la mia impressione era che più la loro condizione emergeva dalla parlata, dai vestiti
sciatti, dai denti mancanti, dal sovrappeso e più venivano apprezzati dai
giudici (e probabilmente dal pubblico). Il concetto di riscatto sociale
oggigiorno sembra passare solo attraverso i fornelli (o le canzonette) un po'
ovunque, ma qui siamo all'ennesima potenza.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12pt;">Nulla è glamour in <i>Mastercéf Mexico</i>. Anzi, si
spinge al massimo sulla realtà della gggente comune, il loro disagio economico,
sociale, culturale, non a caso ogni puntata dura in media un’ora e quaranta
minuti, più del doppio della versione italiana. Ma attenzione: la differenza di
tempo non la fanno le prove in più perché il format è identico ovunque. Ad
allungare la minestra sono i commenti di TUTTI i concorrenti ogni volta che
devono cucinare il solito piatto favorito, che gli ricorda l'infanzia, la nonna
che gli insegnava a fare le tortillas, il duro lavoro nei campi o l’herpes del
cugino di terzo grado. E vi assicuro che dopo il sedicesimo commento strappalacrime, tra una spignattata e l'altra, il prolasso uterino é dietro l'angolo.</span><br />
<span style="font-size: 12pt;">Altro aspetto non banale: in ogni edizione partecipa sempre almeno una suora o un prete o - se si mette male - ci sono comunque
almeno un paio di concorrenti che estraggono dalla tasca l'immaginetta del santo
favorito. Se pensate che l'Italia sia un paese fortemente cattolico non avete mai vissuto in Messico. Un paese in cui la compagnuccia di tua figlia viene a casa tua a giocare e tra un boccone e l'altro di merenda, anziché chiedere se siamo interisti o juventini, ti chiede se siamo cattolici o cristiani. </span><br />
<span style="font-size: 12pt;">Lo strano é che il programma me lo sono guardato fino alla fine, puntata dopo puntata, prolasso dopo prolasso, e non per sapere chi avrebbe vinto, dal momento che lo avevo sapevo già, ma perché questo strano connubio tra santi e contadini, logorrea e orgoglio nazionale, semplicità ed ingenuità alla fine ti conquista, ti crea affezione e capisci che - se non un posto nel tuo cuore - almeno uno nel tuo stomaco ci sarà sempre.</span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-qaxvrxbXH_o/WnDKJfbY7JI/AAAAAAAAB5E/_JNLSibOXL8yZ9uhlEw8cqwtcr8_MA4igCLcBGAs/s1600/20180130.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="688" data-original-width="1600" height="274" src="https://4.bp.blogspot.com/-qaxvrxbXH_o/WnDKJfbY7JI/AAAAAAAAB5E/_JNLSibOXL8yZ9uhlEw8cqwtcr8_MA4igCLcBGAs/s640/20180130.jpg" width="640" /></a></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 12.0pt; mso-ansi-language: IT;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 12.0pt; mso-ansi-language: IT;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="font-size: 12.0pt; mso-ansi-language: IT;"><br /></span></div>
Giohttp://www.blogger.com/profile/09814346131767727490noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5956095861693450265.post-16423060017939550162017-12-24T02:55:00.001+01:002017-12-24T02:55:44.803+01:00BIZZARRIE MESSICANE PARTE SECONDA <div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Ridere un po’ del paese che tanto cortesemente ci ospita non deve essere inteso male da chi legge, specie se messicano (dubito che ci siano messicani che leggono il mio blog, ma é così per dire). Mi piacerebbe molto poter fare lo stesso con la mia terra, o meglio ancora con Milano, la mia città, ma come è ovvio, non si guarda con gli stessi occhi un paese, quando é il proprio. Ecco dunque che probabilmente delle cose che per me sono bizzarre, per i nostri amici chilangos sono normale amministrazione.<br />
<a name='more'></a><br />
Partiamo da qualche banalità, tipo camminare per strada: una cosa che non ho ancora capito é il perché non esistano quasi da nessuna parte i semafori pedonali. Ad esempio, nelle grandi arterie del mio quartiere, c’è grosso modo un semaforo ogni quattro incroci, peccato che il suddetto non sia in alcun modo visibile ai pedoni: ne esiste un unico grande per carreggiata, appollaiato a circa 8 metri d’altezza e solo nel senso di marcia delle auto. Se tu sei a piedi e vorresti – chessò – attraversare, molto spesso intuisci che é rosso solo perché le macchine della tua direzione sono ferme. Oppure puoi torcere il collo fino a rischiare una semi paresi cervicale per riuscire a sbirciare il colore, schermandoti gli occhi dal sole con le mani, fino a quando vedi che é verde, ma il tempo di ritornare in posizione naturale e smettere di vedere puntini luminosi e nani da giardino per via dell’accecamento solare, che ormai é rosso e probabilmente ti metteranno sotto.<br />
<br />
Sempre per strada, ho scoperto che se una macchina ti cede il passo non bisognerebbe ringraziare alzando la mano e mostrando il palmo, ma alzare la mano e mostrare il dorso. Peccato che a me viene troppo da ridere a farlo, perché mi sembra innaturale, quindi il risultato é che indugio e muovo la mano tipo regina Elisabetta quando saluta la folla. A quanto pare il nostro più tradizionale cenno di ringraziamento appare al messicano come un poderoso vaffa, un po’ come dire: “ecchecazzo, era ora che qualcuno si fermasse!” quindi diciamo che sarebbe meglio adeguarsi al più presto.<br />
Per il mio bene, ecco.<br />
<br />
Se uno ha nostalgia del peggio-del-nostro-peggio della Cina, in Messico si può trovare a proprio agio perché talvolta si incappa in simpatiche analogie. Tanto per dirne una, il divieto di non buttare la carta igienica nel water. Questa abitudine, che immagino non nasca da uno scrupolo ecologista ma solo dal fatto che fanno le fognature con i piedi (per non usare altre espressioni più calzanti), obbliga a buttare la carta igienica usata non nel vaso, ma in gradevolissimi contenitori che ovviamente sono sempre stracolmi quando é il proprio turno. Insomma, dopo l’assenza del bidet, é certamente una delle maggiori piacevolezze fornite dalla fantasia creativa di questo paese.<br />
<br />
Una delle cose che invece ai non messicani provoca maggiore ilarità é sicuramente l’abitudine di usare il diminutivo per ogni sorta di aggettivo, sostantivo e situazione che lo richieda (o anche che non lo richieda). In Messico, insomma, tutto é ITO. E se probabilmente anche un accademico de la Cruscas castigliano indulge in simili vezzi, qui a volte, proprio si esagera. La casa quindi é subito casita. La persona non é enferma, ma enfermita. Non ci vediamo mañana, ma mañanita. E via così: pobrecito, princesita, preciosito.<br />
L’altro giorno ho pure beccato il bonus, quando ho sentito con queste orecchie CHIQUITITITO.<br />
E poi c’è il famigerato ahorita. L’espressione - diminutivo di ahora, cioé ora – é lo spauracchio di qualsiasi expat, essendo un concetto che può significare indistintamente:<br />
Adesso<br />
Un attimo<br />
A breve<br />
Tra un po’<br />
Più tardi<br />
Quando posso<br />
Vediamo dopo<br />
Salamadonna<br />
Non rompere i coglioni.<br />
L’ahorita spaventa i più perché incarna la flemma messicana, il rimandare a un tempo indefinito qualsiasi azione, appuntamento, impegno, mansione, onere, attività sia essa ludica, professionale, seria o faceta, urgente o meno. L’ahorita é uno stile di vita, un limbo di indefinitezza in cui si sopravvive solo se lo si accetta. E in effetti io ci devo ancora lavorare su parecchio.<br />
Il paradosso é che questa dilatazione temporale diventa anche un eccesso spaziale. Mi spiego: se vado da Starbucks e chiedo un espresso macchiato sencillo, non solo aspetterò venti minuti per ottenerlo, ma mi ritroverò con un bibitone da mezzo litro, totalmente imbevibile. Tanto il tempo che aspetti, tanto la quantità che ottieni. Potete quindi applicare questo criterio praticamente a tutti i luoghi in cui ci sia un servizio: quantità gigantesche in tempi biblici. Sulla qualità, beh...non proprio gigantesca.<br />
<br />
In Messico usi e costumi quotidiani sono molto peculiari e decisamente differenti dai nostri. A chi dice che ci siano molte affinità tra paesi latini, beh io dico che non è così vero. Per esempio i canoni estetici sono ancora molto distanti. Ai messicani piacciono le forme abbondanti molto più che a noi europei. Non a caso spesso mangiano come se non ci fosse un domani. Ai messicani piacciono vestiti molto colorati, gli stivali a tacco alto e un po’ tamarri, l’eye liner, il rossetto rosso fuoco e i leggins che strizzano la pancia.<br />
Ma soprattutto ai messicani piacciono da morire le sopracciglia.<br />
Possibilmente grandi, scure, folte anzi foltissime, strabordanti, eccessive.<br />
Così, nelle sporadiche occasioni in cui ho frequentato saloni di bellezza per unghie o capelli, la profferta di una “sistematina” alle mie sopracciglia non é praticamente mai mancata. E con sistemata intendo non solo la pareggiata dei pelucchi fuori posto, ma anche l’infoltimento, sia esso eseguito con pelo o con trucco. Devo ammettere che dopo la prima volta in cui ho detto no grazie, sono tornata a casa ed ho riflettuto sul fatto che forse vedere le cose con una prospettiva diversa poteva essere anche una buona idea. Tanto più che un po’ su tutte le riviste ho notato che il ciglione é tornato di moda (mai come qui in Messico, però, vi assicuro).<br />
Allora ho fatto un tentativo molto blando di ritocco delle mie sopraciglia (che sarebbero piuttosto chiare) con un effetto finale al limite del grottesco.<br />
Vi assicuro, un mostro. Un incrocio tra Frida Kahlo e Elio delle Storie Tese.<br />
<br />
Giuro, giuro, giuro non lo faccio più. Restiamo pure con le nostre inconciliabili differenze culturali, anche perché il rischio é che la prossima bizzarria (da circo) sia io.<br />
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-daSy3BlItzc/Wj8GkgSMhLI/AAAAAAAAB4E/8nXW_PxAfOcaviT-c65UKWm4sD2CqJqDQCLcBGAs/s1600/20171223.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="688" data-original-width="1600" height="274" src="https://3.bp.blogspot.com/-daSy3BlItzc/Wj8GkgSMhLI/AAAAAAAAB4E/8nXW_PxAfOcaviT-c65UKWm4sD2CqJqDQCLcBGAs/s640/20171223.jpg" width="640" /></a></div>
<br /></div>
Giohttp://www.blogger.com/profile/09814346131767727490noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-5956095861693450265.post-28084016692517729782017-12-05T22:24:00.000+01:002017-12-05T22:24:02.707+01:00C'AVEVA RAGIONE NADA (sottotitolo: ma che freddo fa)<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Quando ero bambina avevo (ed ho tutt'ora, in mano alle mie figlie) un bellissimo libro illustrato che si chiamava
“C’era una volta” e raccontava di maghi, avventure e personaggi bizzarri. Una
delle mie storie preferite si intitolava <i>Un
anellino da niente</i> e raccontava di un certo Soldino che per via della sua
generosità aveva in regalo dalla classica vecchiaccia che in realtà era una
maga un anellino magico in grado di esaudire tutti i desideri. Soldino, che
era un po’ un pistola, ad un certo punto della storia si sposava con una ragazza
che, scoperte le virtù dell’anellino, se ne impossessava a tradimento e spediva
Soldino in cima a una montagna. Con l’aiuto dei suoi fidi
animaletti però, Soldino riusciva a recuperare l’anello e a rendere la pariglia
alla moglie, mandandola con tutta la casa prima nella foresta più selvaggia,
poi in Cina, per poi farla tornare indietro. </span><br />
<a name='more'></a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">La parte divertente della storia era che ad ogni spostamento la ragazza e il padre di lei si attrezzavano a seconda
di dove Soldino li spediva, ma di fatto erano sempre fuori posto. Dopo aver
realizzato di essere nella foresta il padre usciva vestito come un cacciatore
ma si rendeva conto di essere in Cina, allora la ragazza si vestiva da cinesina
per ritrovarsi di nuovo a casa propria, con tutti i conoscenti che la
guardavano straniti nel suo qipao e cappellino di paglia. Insomma, l’essere
costantemente fuori luogo era la punizione più grande, che lasciava Soldino
soddisfatto della sua vendetta.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Tutto questo per dire che ultimamente la meteorologia messicana mi fa
sentire esattamente come la moglie di Soldino. E, si badi bene, non perché stia
succedendo qualche cosa di imprevisto, ma perché il tempo a Città del Messico è
un casino.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Intanto a chi pensasse all'equazione Messico uguale caldo, dico che si
sbaglia di grosso. Questa città ha una combinazione assurda tra altitudine e
latitudine, che potremmo tradurre così: è come essere sulla Grigna con il sole del Sudan. E di per se’ questo clima non sarebbe neanche male considerando
che le giornate sono sempre serene e molto spesso c’è un bel cielo blu. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Il problema è che con questa escursione termica é necessario vestirsi A STRATI e io
odio, ma davvero detesto nel profondo, vestirmi a strati perché richiede uno
sforzo doppio: non devo solo rendermi presentabile per lo strato caldo, ma mi
tocca farlo anche per quello freddo. Qui azzardo a dire che esiste anche uno
strato intermedio, che ovviamente richiede la sua dignità. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Il risultato è che se esci con t-shirt, maglioncino e giacchetta leggera alle
9 del mattino sicuramente geli, hai grosso modo un inter-regno di mezz'ora in
cui stai bene e poi cominci a sudare, sputtanando inesorabilmente con la pezzatura ascellare l’opzione caldo. </span><br />
<span lang="IT">La temperatura diurna massima, attualmente, si
aggira intorno ai 22 gradi mentre la minima raggiunge anche i
5 gradi. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Non lamentarti, direte voi, non sembra così male: t</span>anto alla peggio se hai freddo torni a casa. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">E qui sta il maggiore problema di Città del Messico che, ricordiamolo, si trova a circa 2300 metri sul livello del mare: in casa
non esiste il riscaldamento e, giusto per fare un esempio a caso, il mio
appartamento ha dei serramenti di carta velina, che mi ricordano tantissimo e
con pochissima nostalgia quelli che avevo in Cina (e lì davvero li avevano
tutti come i miei). <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">La vetrocamera, questa sconosciuta. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Il doppio vetro, non pervenuto. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Insomma, se quando hai 9 gradi in casa un buon serramento potrebbe aiutare,
ai Messicani evidentemente piace svegliarsi con la rugiada che riveste il lato interno della finestra.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Mi sono prontamente dotata di radiatore elettrico che però ha diversi effetti collaterali: intanto è piccolo, per cui è concepito come
ausilio al riscaldamento esistente, che per l’appunto qui non abbiamo. Quindi
il poveraccio pompa a bomba fino ad avere la lingua a penzoloni (lui) e una bolletta importante (noi). </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Inoltre, il radiatore elettrico
crea una secchezza delle fauci micidiale che a sua volta impone un’incremento nell'uso
(e cambio) del boccione dell’acqua,
operazione che come ho già avuto modo di spiegare non è proprio uno scherzo.
Infine, questo tipo di riscaldamento è quasi peggio di non averlo affatto
perché appena ci si muove dalla zona di confort, da quel piccolo microclima tiepido
che si è finalmente creato, per andare in un'altra stanza si viene colpiti da uno shock termico che vanifica tutto il benessere accumulato.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">E non sto a parlarvi di quando si fa la doccia e poi si esce dal bagno tutto caldino di vapore, per ritrovarsi nei ghiacci delle altre stanze. Un
trauma.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Ultimamente ero talmente disperata che mi sono messa a fare andare la asciugatrice praticamente a
vuoto solo per riscaldare un po’ gli ambienti. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Giornalmente cerco di convincermi che l'assenza di riscaldamento, così come del resto di aria condizionata, sia un fatto positivo: meno inquinamento, in una città che di inquinamento ne ha già abbastanza, meno sbalzi termici e più equilibrio corporeo.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Poi però in quelle mattine in cui alle undici ci sono ancora 10 gradi in casa, i piedi ricordano le platesse Findus e io mi ritrovo con la copertina sulle gambe come i vecchietti, il mio spirito ecologico va a catafottere e vorrei solo avere in mano un termostato per pomparlo a 28 gradi. Ho letto che la filosofia dei <i>chilangos</i> (gli abitanti di Città del Messico) è questa: non riscaldare la casa, ma riscalda il corpo. </span><br />
<span lang="IT">E allora ricordatemi così: un taco imbottito, una mega lasagna a strati, un omino Michelin in versione femminile, che tenta di convincersi di quanto sia zen battere i denti in Messico.</span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-FNlXrkEoY68/WicNAO3oDqI/AAAAAAAAB3w/WhCOJWaw_XEtJwg3VYa8C3WxGjD5nZh2wCLcBGAs/s1600/20171205.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="688" data-original-width="1600" height="274" src="https://2.bp.blogspot.com/-FNlXrkEoY68/WicNAO3oDqI/AAAAAAAAB3w/WhCOJWaw_XEtJwg3VYa8C3WxGjD5nZh2wCLcBGAs/s640/20171205.jpg" width="640" /></a></div>
<span lang="IT"><br /></span></div>
Giohttp://www.blogger.com/profile/09814346131767727490noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5956095861693450265.post-29421310937560734262017-11-22T02:08:00.000+01:002017-11-22T02:08:52.481+01:00BIZZARRIE MESSICANE PARTE PRIMA<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Il divertente di vivere all'estero è - tra le altre cose - apprendere
abitudini e stili di vita che probabilmente come turista non si riescono a
cogliere, non vivendone la quotidianità. Gradualmente si scoprono quindi cose
che piacciono, altre che affascinano ed altre ancora che alle volte lasciano
perplessi. Ora, mentre è abbastanza intuitivo comprendere che in Cina le perplessità
fossero moltissime, in Messico tutto accade in modo più sottile perché se
all'apparenza molto è “comune”, trattandosi di due culture, la italiana e la
messicana, entrambe latine, molte consuetudini restano da digerire.
Alcune fanno sorridere, altre invece possono dare un po’ sui nervi, specie se
non si è particolarmente tolleranti.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Io non mi considero un’intollerante, altrimenti avrei continuato a vivere a
Milano per tutta la vita. Però non nego che ci sono giorni in cui le diversità
mi pesano, probabilmente a seconda delle ore di sonno, del famoso lato dal
quale sono scesa dal letto o da chissà che altro.</span></div>
<a name='more'></a><o:p></o:p><br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Vorrei dunque farvi progressivamente partecipi delle mie "intolleranze", non sia mai che un altro e più sereno punto di vista (il vostro) mi porti un qualche beneficio.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Innanzitutto, nella categoria bizzarrie messicane rientra sicuramente la figura
dell’insacchettatore del supermercato, figura imprescindibile in qualsiasi
esercizio commerciale. A Città del Messico c’è una scelta enorme di
supermercati, scelta che richiede tempo e attenzione per riuscire a
barcamenarsi tra quello che conviene comprare e dove sia meglio farlo:
Superama, Costco, Chedraui, Sanborns, Walmart, Soriana, La Europea, La Comer e
chi più ne ha più ne metta. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Fattori comuni a tutti sono l’enorme quantità e
varietà di cibo (e non solo) a disposizione, che fa impallidire la nostra
Metro, e non meno importante la schiera di omini e donnine che aspettano alla
cassa pronti ad insacchettare l’acquisto. Malauguratamente però, chi fa questo
lavoro, e sostanzialmente vive della mancia che riceve, ha un’età media tra i
settanta e gli ottantacinque (da cui la certezza della longevità dei messicani),
quindi come si può intuire non dispone di riflessi molto pronti. Per di più,
nel tentativo di ricevere mance più laute, l’insacchettatore cerca di
organizzare la spesa nelle buste in modo razionale, distribuendo i pesi,
cercando di non schiacciare le cose delicate e, se necessario, estraendole nuovamente
se il lavoro non gli sembra ben fatto. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Capita talvolta (nei giorni di massima
sfiga e in specifici supermercati) di trovare LA COPPIA di insacchettatori, che
come i vecchietti dei Muppets chiacchierano della rava e la fava mentre
lavorano, riducendo ai minimi termini la velocità delle operazioni, o peggio
deliberano e opinano sulle reciproche scelte nel creare i livelli, nel chiudere buchi o ottimizzare gli spazi. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">La caduta delle balle è quindi
un fenomeno inevitabile ogni volta che si va a fare acquisti, anche perché se
si tenta timidamente di aiutare, il vegliardo di turno ti fulmina con lo sguardo
perché pensa che il tuo scopo sia quello di evitarsi la mancia.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Con il tempo, nel super dietro casa mia, sono riuscita ad individuare
l’unico omino rapido del novero, che grosso modo ha una reattività pari a Flash
Il Bradipo del cartone Zootopia ma ciò nonostante resta il migliore di tutti
(nonché il più simpatico). </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Per la legge di Murphy o forse semplicemente perché
non sono la sola a pensare che é il meno peggio, nella cassa in cui c’è lui la fila é più lunga. Però ho sperimentato che tra una fila lunga accessoriata di omino
rapido e una più scarna con omino impedito, vale sempre comunque la pena andare
nella prima. Solo i principianti non lo sanno. E a me adesso non mi fregano
più.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Un'altra fondamentale bizzarria messicana riguarda il famigerato boccione dell’acqua. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Premettiamo: l’acqua
è un problema enorme in questa città, per non dire in tutto il paese. Però parlarne ora sarebbe andare un po’ <i>off topic</i>. Diciamo però che l’acqua del
rubinetto non è potabile quindi è necessario acquistarla in boccioni da 5 o 20
litri e ovviamente dotarsi di erogatore, disponibile in varie forme e misure.
Ovviamente anche in Cina avevamo lo stesso problema ma con una sostanziale
differenza, che la accomuna a tutto il resto del mondo: mentre ovunque il boccione ha un tappo
specifico, che cioè si fora automaticamente solo quando il boccione è inserito
nell'erogatore, in Messico NO.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">In Messico i boccioni hanno un COMUNE TAPPO avvitato. Immaginatevi dunque
l’operazione che andrebbe fatta: svitare il tappone, alzare venti e passa chili di boccia,
capovolgerlo a velocità supersonica e mirare con totale precisione il vano
dell’erogatore. Nel mentre, le cascate del Niagara. Con il rischio neanche
troppo remoto che l’acqua, inondando la macchinetta crei un corto circuito, la
sputtani definitivamente e, se la sfiga è massima, ci si prenda pure la scossa. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Dopo due laghi di Como e uno Maggiore siamo riusciti a trovare su Youtube
un tutorial (della serie: <i>come-ci-siamo-ridotti</i>)
che spiega come ovviare al problema. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Se cercate “poner garrafon sin tirar agua”,
ci sono fior di modi, più o meno ingegnosi, per risolvere l’annoso problema
(che naturalmente potrebbe essere risolto se facessero i boccioni come il resto
del mondo, ma questo è un dettaglio).<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Noi facciamo così: </span><a href="https://www.youtube.com/watch?v=2-P0gS_9SsQ"><span lang="IT">https://www.youtube.com/watch?v=2-P0gS_9SsQ</span></a><span lang="IT"><o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Ma stiamo pensando di assoldare Flash il Bradipo del supermercato.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Secondo
me il colpo di reni per catapultare venti chili in due secondi netti ce l’ha.<o:p></o:p></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-9zwKW6omufs/WhTKI7JJQtI/AAAAAAAAB3g/MPuXXlchk0MyNdHQc4RIQzS8LjWQ9rmDACLcBGAs/s1600/20171121.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="688" data-original-width="1600" height="274" src="https://1.bp.blogspot.com/-9zwKW6omufs/WhTKI7JJQtI/AAAAAAAAB3g/MPuXXlchk0MyNdHQc4RIQzS8LjWQ9rmDACLcBGAs/s640/20171121.jpg" width="640" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT"><br /></span></div>
Giohttp://www.blogger.com/profile/09814346131767727490noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5956095861693450265.post-7489398382757499582017-11-14T04:33:00.002+01:002017-11-14T04:33:13.673+01:00LA TUTOR<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Ci deve essere
qualcosa che mi sfugge qui in Messico. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Prima per un play
date, prendo una bambina e vinco una tata.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Ora, prendo una
tutor di matematica e a quanto pare vinco una bambina.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Cioè questa
arriva e si porta dietro la figlia. </span><br />
<span lang="IT">E fin qui, passi. </span><br />
<span lang="IT">Nel senso che la mia
solidarietà alle mamme che lavorano è totale ed incondizionata.</span><br />
<a name='more'></a><span lang="IT"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Però queste
arrivano, la bimba si piazza sul tavolone da pranzo insieme alla madre, mangia il suo cibo (sono le 15:45, non dimentichiamolo. Dopo tutto per gli standard messicani è quasi in anticipo) e poi fa i compiti. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Io mi piazzo in
un’altra stanza per non disturbare. Peccato che dopo trenta minuti a disturbare
sia l'infante che, probabilmente stufa marcia di essere sballottata a destra e
a manca dalla mamma maestra, comincia a farle domande a raffica e a
sgambettare per tutta la casa, per altro senza premurarsi di chiedere il permesso. </span><br />
<span lang="IT">Il fatto è però che non posso neanche sbarazzarmi della tutor, al momento, perché mia figlia, dopo l'ultima lezione - credo per la prima volta in vita sua - ha dichiarato di essersi divertita moltissimo e che (cito testualmente) <i>la matematica è bellissima.</i><o:p></o:p></span><br />
<span lang="IT">Quindi ce l'ho sul gobbone ogni santo lunedì. E soprattutto ho sul gobbone una settenne rompimaroni.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
C'è qualche messicano che mi può chiarire quella che ormai definirei una consuetudine? Perché non venite mai soli?</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Pensate che noi stranieri soffriamo di solitudine e ci serva compagnia?</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">E' un modo per tenerci psicologicamente impegnati, nel tentativo di decifrare cosa farcene del vostro "<i>plus-one</i>"?</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Serve a costringerci a fare conversazione con un ospite non richiesto per implementare il nostro spagnolo?<br />
O forse siete voi che non vi fidate a venire scompagnati? Un po' come alle medie, quando si andava al bagno sempre in coppia, possibilmente mano nella mano.<br />
Ebbene, se la tata mummificata non avevo avuto cuore di impiegarla in nessun modo, qui ho avuto un'idea geniale.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">La settimana
prossima la metto a raccogliere le palline di cacca del coniglio. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-R6Wrtrk0AGo/Wgpbcjv9LDI/AAAAAAAAB3Q/zbcT8svWAiQAJfEDV2aKNPz_pA1bUKrQQCLcBGAs/s1600/0000.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="688" data-original-width="1600" height="274" src="https://1.bp.blogspot.com/-R6Wrtrk0AGo/Wgpbcjv9LDI/AAAAAAAAB3Q/zbcT8svWAiQAJfEDV2aKNPz_pA1bUKrQQCLcBGAs/s640/0000.jpg" width="640" /></a></div>
<br /></div>
Giohttp://www.blogger.com/profile/09814346131767727490noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-5956095861693450265.post-55544646693010532202017-10-24T21:38:00.001+02:002017-10-25T01:21:57.876+02:00IL PLAY DATE<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Giusto avevo appena finito di
descrivere le mie fatiche di mamma alle prese con la routine messicana, che mi
viene la brillante idea di organizzare un play date (pomeriggio di gioco, per
chi mi stesse mandando al diavolo della serie “parla come magni”). Dicevo un
play date ma doppio, cioè per entrambe le figlie, in modo da rendere tutte
contente e al contempo togliermi la rottura di palle in una volta sola perché, come ho già avuto modo di sottolineare, qui le scuole non sono di quartiere, QUINDI
non sono sotto casa, QUINDI, le compagne di scuola non vivono nei pressi e
SICURAMENTE quelle che piacciono di più vivono agli antipodi. So già che mi
aspetterà un pomeriggio pesante, quindi tanto vale metterci il carico da
novanta così poi per un po’ sono a posto.</div>
<a name='more'></a><span style="text-align: justify;">Una figlia decide di invitare
Moni, che poi sarebbe Monica.</span><br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Piccolo inciso: in Messico i nomi
propri sono quasi sempre due, salvo che poi evidentemente gli fa fatica pronunciarli per intero, così passano da un eccesso all'altro ed abbreviano
oltre misura. Quindi Monica diventa Moni, Maria José diventa Majo, Maria
Guadalupe è Magu, Patricio diventa Pato, Santiago Luis si abbrevia in Santi,
Ana Luisa misteriosamente si trasforma in Patito, senza dimenticare quelli che si modificano senza
una ragione, così scopri che Paco in realtà è Francisco, Pepe sarebbe José e
Gaita sarebbe Cayetano, ché poi se mi chiamassi Cayetano avrei già chiesto i danni ai miei.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Comunque divago: qui le ospiti
sono due. Moni, di anni 6 appena compiuti, ma alta circa 135 cm, una bambinona
bellissima e molto quieta, e per l’appunto Majo, bimba altrettanto graziosa di 10
anni, che in confronto a quella di sei sembra una nana, come del resto anche le mie figlie.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Avevo pensato di avere un’altra idea
geniale chiedendo alla scuola di poter avere entrambe le bambine sullo scuolabus
insieme alle mie, ma ho scoperto che ovviamente il venerdì è l’unico giorno in cui
questo non è possibile, perché i bus sono pieni in quanto nessuno fa attività pomeridiane. Vabbé, mi tocca andarle a prendere. Peccato che mentre una delle due
madri mi dà il benestare l’altra dice che preferisce portarla lei, già che è di
strada.<br />
In realtà so benissimo che non è vero, ma mi rendo conto che neanche io,
se non conoscessi una famiglia, ci manderei mia figlia a giocare, così a
scatola chiusa.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Così mi faccio trovare a scuola,
per ritirare tre delle quattro creature, con grandissimo anticipo, avendo
l’ansia di imbottigliarmi nel traffico. Nel marasma generale della campanella,
ovviamente il servizio online di taxi Cabify decide di rendersi inattivo
segnalandomi che la mia carta di credito non funziona più, ché a me la Legge di
Murphy mi fa una pippa. Faticosamente riusciamo a fare una triangolazione
marito-io-Uberdelmarito cosicché dopo circa venti minuti di attesa sotto un
sole che neanche a Cancun in agosto, riusciamo a rientrare alla base.<br />
Ovviamente la mamma sospettosa é già lì che aspetta. Con figlia grande, figlia
piccola e tata. Le offro di salire con noi, per un caffè o - chessò - una tequila, ma lei declina e mi
dice che ha fretta (o almeno è quel che capisco) ma che oltre alla figlia mi
lascia anche la tata, casomai mi servisse aiuto in casa.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Al momento non capisco. Abbozzo,
saluto, faccio per aprire il portone e intanto dentro di me penso che non posso
aver capito bene, che questa non sta per sbolognarmi la sua donna di servizio a
stazionare a casa mia.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Invece ho capito bene.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Mi prende il panico. Il pensiero “E
ora che cosa cazzo le faccio fare?” prende corpo, mentre l’imbarazzata
signorina rimane impalata a bordo porta per dieci minuti. Le offro acqua, cibo,
wifi (che mamma moderna) ma lei ringrazia e dice di no a tutto, finché riesco
almeno a convincerla a sedersi sul divano. Tutta in pizzo, però, come una che
sta per andarsene.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Intanto io mi eclisso in cucina e
comincio a preparare da mangiare.<br />
E qui
faccio <i>outing</i>. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Perché lo so che poco più di una
settimana fa ho dichiarato nero su bianco che non avrei mai ceduto alle
abitudini latine del pranzo a metà pomeriggio, ma qui avevo ospiti e - come
credo chiunque altro farebbe - volevo che fossero a loro agio.<br />
Così, alle quattro e mezza del
pomeriggio, le quattro fanciulle si sono scofanate una doppia porzione di
pasta al ragù, inclusa lezione su come si fa la scarpetta con il sugo
(ribattezzata <i>zapatilla</i>, ovviamente),
più fetta di viennetta, tazza di gelato alla vaniglia con frutti di bosco e
topping al cioccolato. Lo straordinario è che non hanno mangiato solo le due
bambine messicane, ma anche le mie. Facendomi venire il dubbio che la fetta di
pane e Nutella che abitualmente gli propino a merenda sia per loro un
misero ripiego che accettano a testa china.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Per me, manco a dirlo, una
clamorosa rottura di palle, anche perché forse non ho ancora rimarcato che
nella stragrande maggioranza delle case di città del Messico (o sicuramente in
TUTTE quelle che avevamo visitato noi, che non erano poche), anche se signorili
e da 250 metri quadrati, manca la lavastoviglie. Magari c’è il frigorifero americano, la
lavatrice con asciugatrice incorporata di ultima generazione, ma i piatti si
fanno a mano. E nel mio caso, per giunta, con uno spazio di manovra veramente risicato.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Ebbene, lo so che vi starete
chiedendo se ho fatto due più due, associando <i>montagna-di-piatti-da-lavare-incrostati-di-sugo-e-gelato</i> a <i>donna-di-servizio-altrui-spiaggiata-sul-mio-divano-a-cazzeggiare</i>.
Ho associato, si. Ma non ce l’ho fatta. Non ho l’anima della matrigna. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Così, io ho passato un’ora a
ripulire la mia cucina pezzata e lei le restanti due in piedi, a sorvegliare
la figlia della sua padrona che giocava in camera con la mia.<br />
Per il prossimo play date aspettiamo almeno marzo, grazie.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-u77SUrNSxoc/We-U07m3EFI/AAAAAAAAB3A/OFQ7cu-6f704R0lQNgaIhSHhWWSOSP0sACLcBGAs/s1600/20171024.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="688" data-original-width="1600" height="274" src="https://3.bp.blogspot.com/-u77SUrNSxoc/We-U07m3EFI/AAAAAAAAB3A/OFQ7cu-6f704R0lQNgaIhSHhWWSOSP0sACLcBGAs/s640/20171024.jpg" width="640" /></a></div>
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
Giohttp://www.blogger.com/profile/09814346131767727490noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5956095861693450265.post-9802308034148981962017-10-15T02:22:00.002+02:002017-10-19T16:12:07.913+02:00VAMOS AL COLEGIO!<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Tornati alla nostra nuova routine, ci sarebbero diverse cose di cui vorrei
parlare, ma aspetto di avere un po’ più di carne al fuoco. Nell'attesa, ne
approfitto per fare un quadro della scuola delle mie bambine,
premettendo che evidentemente non tutte le scuole messicane sono come la loro e che quindi questa è strettamente la mia opinione.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Tanto per cominciare in Messico la scuola si definisce <i>colegio</i>, parola che a noi tutti fa venire un po’ i brividi e
ricorda un istituto correttivo e non un luogo particolarmente ameno. In
particolare, questa scuola si chiama <i>British
American School</i> e in effetti non ho ancora avuto il coraggio di chiedere
alla direttrice il perché di questa scelta. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Ipotesi uno: è di matrice americana ma con la divisa all’inglese.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Ipotesi due: segue il modello inglese ma si mangia junk food.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Ipotesi tre: dovevate riempirvi la bocca con un nome altisonante.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Probabilmente un po’ di tutto.</span></div>
<a name='more'></a><span style="text-align: justify;">Intanto perché hanno effettivamente la divisa, il ché non è una grande novità per le mie figlie,
che vengono da una vita in divisa: in Cina la portavano (ed era una delle più
brutte divise della storia dell’umanità) e poi, </span><i style="text-align: justify;">back to Italy</i><span style="text-align: justify;">, siamo passati al più deprimente grembiule bianco,
con collo extra large tipo “preppy” da paninaro, scelta alquanto controcorrente
per l’Italia da parte di un istituto decisamente tradizionalista.
Fortunatamente questa divisa è più carina e – effettivamente – molto inglese:
polo bianca con stemma, scamiciato a scacchi, golfino blu, scarpa nera e calza
bianca lunga. Più la tuta nei giorni di ginnastica.</span><o:p></o:p><br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Per inciso: solo solo io, figlia degli anni Settanta, che se chiedo “Ma
oggi hai ginnastica?” a mia figlia, vengo presa per il culo per il resto della
giornata perché oggigiorno a scuola si fa <i>educazione
fisica</i>, oppure <i>palestra</i>, o più
frequentemente per chi è bilingue <i>pi-ì</i>
(pronuncia di PE, cioè Physical Education)?<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Tant’è. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Il bello della divisa è che non c’è scelta. Hanno solo quella da mettere,
quindi non ci sono proteste, musi lunghi, variazioni sul tema e così via.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Il brutto della divisa è che, a meno di non comprarne una batteria da dieci
pezzi, se scopri alle 6:40 am che la sola ed unica che hai comprato è
irrimediabilmente impataccata, allora sei fritta e cominci ad imprecare contro
la mancanza di libero arbitrio di questo mondo crudele.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">La scuola qui dura pochino. Ora, io al momento non lavoro, ma la donna
messicana, esattamente al pari di quella italiana, non solo lavora, ma lavora
parecchio. Mi chiedo dunque il perché di questa scelta di far concludere la
giornata scolastica in un orario che oscilla tra la una e le due e trenta, a
meno di improbabili attività pomeridiane, che comunque non avvengono che un
paio di volte a settimana e traghettano al massimo fino alle quattro. Forse la
madre messicana confida che il proprio figlio possa rimanere imbottigliato nel
traffico talmente tanto a lungo da consentirle di uscire alle cinque, fare pure
la spesa ed arrivare comodamente a casa. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Andata e ritorno avvengono via scuola bus, con un imbottigliamento che per l’appunto é variabile tra i quaranta minuti e la ora e un quarto, in un
pulmino grazioso ma senza cinture, ché non si può avere troppo e poi tanto
vanno così piano per via del traffico, che il massimo del pericolo sarebbe un
colpo di frustino.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Le lezioni sono distribuite tra lingua inglese e spagnola, anche se nelle
ore in inglese si fa solo inglese, mentre in quelle in spagnolo si fa
sostanzialmente tutto il resto: lingua, matematica, storia, geografia, scienze
e educazione civica. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Questa scuola è anomala: è privata, rispetta gli standard
IB (programma condiviso di scuola internazionale), ma di fatto le mie figlie
sono un’assoluta minoranza in termini di internazionalità. Mi sembra di capire
che già le scuole più internazionali di Città del Messico, che poi sono due o
tre, hanno una percentuale </span>di studenti non messicani che oscilla tra il 20% e il 30% ,
il ché è incredibile, se paragonato a Shanghai, dove ogni anno in ogni classe
c’erano bambini di almeno otto nazionalità diverse.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Qui, bene che ti va, hai un bambino del Cile o del Brasile. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span lang="IT">Bene!</span></i><span lang="IT"> - si dirà - <i>Così impareranno prima lo spagnolo!</i> </span><br />
<span lang="IT">Probabile. Però, soprattutto
per la piccola che è in prima elementare, è un po’ un handicap perché i
compagni non parlano inglese, tranne poche eccezioni, e lei fa ancora molta fatica
a socializzare. La tendenza, inevitabilmente, è quella a tagliarla fuori perché
non parla spagnolo. E il mio cuore di mamma alle volte un po’ ne patisce. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">L’altro aspetto complicato di questa mancata internazionalità sta nel fatto
che la scuola segue il programma governativo messicano, con libri di testo forniti
dalla SEP, la Secretaría de Educación Pública, che prevede programmi in realtà molto
simili alla scuola italiana per quanto riguarda ad esempio matematica, scienze
ed educazione civica, ma ovviamente molto differenti per quanto riguarda storia
e geografia. Storia, nel programma di quinta, prevede essenzialmente la storia del
Messico, dell’Indipendenza del Messico, della nascita del Messico, delle
dominazioni subite dal Messico e via dicendo. Che è certamente molto
interessante ma forse, e dico forse, un tantino limitato. Mi rendo anche conto
che dopo tutto siamo in Messico e che se fossimo in Olanda si parlerebbe della
storia dell’Olanda e non certo di quella dell’Italia. Credo che uno scotto da
pagare per avere figlie che parlano tre lingue sia il fatto che saranno
inevitabilmente ignoranti sulla storia e la geografia del proprio paese, a meno
che noi genitori non si insegni loro quel che riteniamo essenziale. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">Una cosa che mi manda fuori dai gangheri della scuola in Messico è l’organizzazione
del pasto e i suoi dettagli: i bambini vanno a scuola dalle 8 alle 14:30 con
una pausa “pranzo” alle 11. Hanno trenta minuti tra una campanella e l’altra per alzarsi, uscire, prendere il lunch
box, raggiungere un posto nel cortile e mangiare. Il tempo è oggettivamente
poco, soprattutto se si volesse anche fare pipì o, che so, lavarsi pure le mani.
Ergo, l’organizzazione del lunch box è un problema che tedia tutte le madri che
ho conosciuto fino ad ora perché obbliga a dare qualcosa che sia pratico, oltre che sano. </span><br />
<span lang="IT">E tutto quello che é sano in genere è anche lungo da preparare e non sempre può essere cucinato la sera
prima, quindi ti trovi a spignattare alle sei e un quarto del mattino per il cous-cous
di verdure o la frittata di patate, con
la palpebra che ti cala e la crisi isterica per la divisa impataccata dietro l’angolo.
Insomma, per me la mattina è una fatica e rimpiango come non mai la sveglia
italiana alle 7:30 e la vecchia, cara, mensa scolastica. Perché qui il massimo
della vita è una mini cafeteria in cui si possono comprare hot-dogs di
plastica, <i>quesadillas </i>o <i>tacos </i>di gomma e come contorno, caramelle, <i>marshmellows
</i>e gomme da masticare. </span><br />
<span lang="IT">Una vergogna su cui non mi soffermerò, ma che resta tale.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">La ragione di questi tempi stretti per mangiare è che gli orari dei pasti
in Messico sono molto diversi. Alle 11 quindi si fa uno snack, perché il pasto
principale della giornata è più o meno tra le quattro e le cinque del
pomeriggio.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT">E lo so che "Paese che vai, usanza che trovi", ma io a questo proprio non ci arrivo. </span><br />
<span lang="IT">Vada per l'alza bandiera del lunedì mattina con saluto e inno patriotico, va bene due ore di bus tra andata e ritorno, passi per lo show con le canzoni messicane anni Ottanta o per la storia di Miguel Hidalgo recitata a memoria.</span><br />
<span lang="IT">Ma accogliere le bambine al ritorno da scuola alle quattro con una bella spaghettata fumante, non ce la posso fare. </span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-WHF8Pr4oBj8/WeKogjUh9VI/AAAAAAAAB2w/2YAFJ6vGnzcKNIi92fERcmlU3C_ftdRYgCLcBGAs/s1600/20171014.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="688" data-original-width="1600" height="274" src="https://2.bp.blogspot.com/-WHF8Pr4oBj8/WeKogjUh9VI/AAAAAAAAB2w/2YAFJ6vGnzcKNIi92fERcmlU3C_ftdRYgCLcBGAs/s640/20171014.jpg" width="640" /></a></div>
<span lang="IT"><br /></span>
<span lang="IT"><br /></span>
</div>
Giohttp://www.blogger.com/profile/09814346131767727490noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-5956095861693450265.post-34793876084312794392017-10-03T15:42:00.003+02:002017-10-03T15:42:56.874+02:00REPETITA NON IUVANT<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Io sono superstiziosa. Di quella
superstizione piccina e un po’ bieca, legata a riti da ripetere o cose da non
fare perché mi immagino che portino sfiga. Per questo motivo ho riflettuto
molto se scrivere nuovamente del terremoto o piuttosto fingere che non fosse
successo: ho pensato che siccome avevo scritto di quello del 7 settembre e poi
è capitato quello del 19, MOLTO peggiore, scriverne ancora avrebbe significato
tirarsela addosso.<br />
<a name='more'></a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Questo è stato il mio pensiero
durante il nostro breve soggiorno italiano, capitato – non so ancora se per
fortuna o per sfortuna – pochissime ore dopo il tremendo sisma: avevamo un volo
programmato da mesi per il 19 sera che siamo riusciti fortunosamente a
prendere. Così, cinque giorni di Italia, di famiglia, di amici, abbracci,
risate, di un matrimonio molto atteso, e soprattutto di serenità sopra la
testa. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Una volta tornata qui, come
potete immaginare con pochissimo entusiasmo, mi sono resa conto che invece
sento la necessità di scriverne di nuovo perché vorrei provare a liberarmi da
una sensazione un po’ paralizzante.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Se le conseguenze fisiche,
economiche o comunque materiali connesse ad un terremoto sono evidenti, quelle emotive
sono molto più sottili e difficili da scacciare, anche perché, sfortunatamente,
si tratta di un evento totalmente incontrollabile e meno che meno prevedibile.
Questo aspetto fa si che il pensiero che si possa ripetere non ti lasci mai veramente, anche se cerchi
di accantonarlo in una parte del tuo cervello.<br />
Lungi da me paragonare la mia
esperienza a quella di chi ha perso casa o persone care o, peggio, a chi si è
ritrovato vivo ma sotto le macerie. Però devo ammettere che nel DOPO, lo stress
è forte. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Da quando sono tornata non riesco
a smettere di controllare se i lampadari oscillano ed ogni piccolo brusco
rumore mi fa sobbalzare. La nostra casa ha solo due piani ed è abbastanza
vecchia ma all’apparenza molto ben tenuta. Il sisma non ha creato danni,
neanche una crepa o un vaso rovesciato, se si esclude la mensola di una
scarpiera decrepita che è caduta. Però è di quelle case in cui il pavimento ed
i mobili vibrano quando si cammina e questo, se da una parte mi sembra segno
positivo perché indica che l’edificio è elastico, di contro è molto rumorosa
ogni volta che si fa un passo. E se a cose normali dopo un po’ ci si fa
l’abitudine, dopo un terremoto è una
cosa che fa saltare i nervi.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Da quando sono tornata ho
preparato, come consigliato da tutti i tutorial messi in giro nelle ultime
settimane, una sacchetta appesa alla porta di casa, con dentro i passaporti,
del contante, una bottiglietta di acqua ed una torcia. Nell’eventualità che
dentro casa non ci si possa tornare a breve.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Da quando sono tornata ho
cominciato a fare alcune cose molto in fretta, soprattutto quando sono in casa
da sola: la doccia, i bisogni corporali (sorry), il pranzo e tutte quelle cose che mi
potrebbero rallentare o impedire di scappare velocemente. E di notte resta sempre
accesa una luce di servizio.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Da quando sono tornata ho ridotto
al minimo il tempo negli edifici chiusi o a più piani, questo sempre quando sono da sola, perché quando non lo sono devo "dare il buon esempio" ovvero <strike>cercare di</strike> apparire serena e di
razionalizzare le situazioni, evitando la tachicardia o l’attacco di
panico, spesso dietro l’angolo.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Da quando sono tornata ho censito
tutte le APP che allertano in caso di
sisma, scaricandone due, di cui una - per la prima volta in vita mia - a
pagamento (le applicazioni a pagamento sono contro la mia religione) e
scoprendo che molte hanno esclusivamente scopo di intrattenimento, il ché
significa che ci sono al mondo idioti disposti a scaricare applicazioni che suonano
l’allarme sismico nei momenti più impensati, solo per
il gusto di una bella scarica di adrenalina.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Che vita di merda la mia, direte. Può
darsi. Così come può darsi che piano piano si stemperi questa tensione e
rimanga solo la prudenza. O forse invece no. E vivrò sul chi-va-là per i
prossimi tre anni. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Quel che è certo è che ieri ho
invidiato mia figlia quando mi ha chiesto: "Mamma, ma noi abbiamo già fatto tutti i terremoti?". Avrei voluto anche io avere una persona rassicurante che mi dicesse che si, i terremoti li abbiamo già fatti tutti, che siamo in una botte di ferro, magari con una carezza sulla testa.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-UGyuRwaCIIQ/WdOS-TtbgjI/AAAAAAAAB2Y/kdtJWv9F-Vc_rk8UCqo1t5VbIcPz7vsmgCLcBGAs/s1600/20171002.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="688" data-original-width="1600" height="274" src="https://1.bp.blogspot.com/-UGyuRwaCIIQ/WdOS-TtbgjI/AAAAAAAAB2Y/kdtJWv9F-Vc_rk8UCqo1t5VbIcPz7vsmgCLcBGAs/s640/20171002.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
<br /></div>
Giohttp://www.blogger.com/profile/09814346131767727490noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-5956095861693450265.post-1503201105103458822017-09-13T01:58:00.000+02:002017-09-13T01:58:58.444+02:00IL PIPPERO<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Minimizzare il fatto che dopo
poche settimane dal nostro arrivo in suolo messicano ci sia stato il terremoto
più forte degli ultimi cento anni non è estattamente cosa facile, per quanto mi
renda conto che farei meglio a non lamentarmi e ringraziare la mia buona stella
perché dopo tutto non ci è successo nulla. Quando siamo stati qui in visita in
aprile, l’argomento terremoto era stato abbondantemente affrontato con la
nostra guida, la quale ci aveva rassicurato che dopo il sisma del 1985 molti
edifici (tradotto: quelli che non si sono polverizzati) sono stati messi in
sicurezza, mentre tutti quelli di nuova costruzione sono oggi antisismici.
Esattamente, la signora si era espressa così: <i>A Città del Messico c’è un sacco di corruzione, molto cose non
funzionano, abbiamo tantissimi problemi ma una delle poche cose su cui non si
scherza sono le certificazioni antisismiche degli edifici. </i>Pur avendole
sostanzialmente creduto, abbiamo preferito andare ad abitare in una palazzina
di due piani piuttosto che in un grattacielo di trenta. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Se proprio devo essere sotterrata
dalle macerie, che almeno siano poche.<br />
<a name='more'></a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Il pensiero di quanto io sia
stata astuta non mi ha però sfiorata l’altra notte, quando – nel primissimo
sonno – ho cominciato ad imprecare all'indirizzo della mia dolce metà,
sicura che si stesse crogiolando in agitatissimi sogni. Quando lui, al mio <i>ma la smetti di muoverti</i>, ha risposto <i>guarda che non sono io</i>, nell'ordine: mi
sono completamente svegliata, mi si è gelato il sangue, il letto ha ballato la
samba, il pesce rosso della mia vicina ha tirato le cuoia (della serie: anche i
pesci rossi nel loro piccolo hanno paura).</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Il mio primo pensiero razionale invece é stato domandarmi chi me l'avesse fatto fare di trasferirmi in un paese così pieno
di complicazioni, quando in fondo me ne stavo così bene in Città Studi a
Milano, dove il massimo dell’emozione è il tram numero 23 che cambia nome e
diventa 19.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
La cosa più frustrante, a
posteriori, è stato rendersi conto che di fronte al pericolo abbiamo avuto la
reattività di due bradipi in slow motion e, come se non bastasse, abbiamo fatto
tutte le cose che a quanto pare NON bisogna fare: accendere la luce/avvicinarsi
alle finestre/scendere le scale. Se ho capito bene, finché la terra trema
bisogna stare fermi, possibilmente in posizione fetale, vicino – ma non sotto –
ad arredi ingombranti, come letti, divani e similia o, se si è più sgamati,
posizionarsi in prossimità di travi o muri portanti.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Io vengo dalla Pianura Padana
dove la terra trema soltanto quando la
colf del mio vicino del piano di sopra (che pesa 90 chili per un metro e trenta) passa
l’aspirapolvere con gli zoccoli del Dr. Scholl, dunque non ho cultura su quel che si debba
fare in caso di sisma perché non lo insegnano a scuola, né negli uffici o nei
luoghi pubblici. Fondamentalmente non serve. Qui invece si. Solo che ho
avuto l’impressione che in Messico ci sia un po’ di confusione su come fare
prevenzione. Insomma, è tutto un po’ <i>aumma
aumma</i> e le teorie sul da farsi tendono a confondersi. Quel che è certo è
che i Messicani con cui ho avuto a che fare io dopo la scossa hanno dimostrato un
approccio estremamente easy, come accade a tutti coloro i quali hanno
familiarità con qualcosa di disgraziato, che sia il terremoto, la guerra o la
criminalità organizzata.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Chiedo lumi al mio portinaio? </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i>Ma si</i> - mi dice - <i>tu stai ferma, aspetti che passi e poi tutto torna come prima</i>. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Le scuole chiudono il giorno dopo
per verificare che non ci siano stati danni strutturali? </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i>E che cacchio</i> - protestano le mamme sulla chat di classe - <i>io c’ho il compleanno di Nico a scuola e ho
pronta una torta a forma di Minion da cinque chili. Che faccio ora?</i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Non dicono, chessò, povero
Chiapas, mannaggia che culo che ci è andata di lusso o bene che non è successo
nulla. No, il problema è la TORTA. E il povero Nico senza la sua festa a
scuola. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
A riprova che di mamme deficienti è pieno il mondo.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Il migliore però è stato
l’insegnante di educazione fisica di
Alice. <i>Vedete bambini</i> - spiega costui – <i>se c’è un terremoto vi dovete mettere
così, con le mani sopra la testa, così vi proteggete ben bene</i>. E lei ci
mostra come ha detto il maestro, con i pollici uniti e i palmi delle mani capovolte
all'indietro, come una sorta di schermo magico, mentre a me viene in mente la canzone <i>Il Pippero</i>, di Elio e le Storie Tese quando recita "<i>Ruotiamo le dita e uniamo le falangi</i>!"</div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E il bello è che lei ci crede
davvero. E - temo - anche il suo maestro di educazione fisica.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-Js4-oiSAqsQ/WbhvbRo77xI/AAAAAAAAB2E/waGOCnfoVIk94ip8NsBAljSniN6uvkSzQCLcBGAs/s1600/20170912.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="688" data-original-width="1600" height="274" src="https://3.bp.blogspot.com/-Js4-oiSAqsQ/WbhvbRo77xI/AAAAAAAAB2E/waGOCnfoVIk94ip8NsBAljSniN6uvkSzQCLcBGAs/s640/20170912.jpg" width="640" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
Giohttp://www.blogger.com/profile/09814346131767727490noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-5956095861693450265.post-87174692287795610702017-09-04T17:02:00.000+02:002017-09-04T17:02:00.412+02:00RISATE A DENTI STRETTI<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Quando ci si trasferisce
all’estero con un contratto di lavoro da Expat, il trattamento riservato può
essere più o meno ricco di servizi a supporto del proprio inserimento nella
nuova realtà sociale. Naturalmente se uno si trasferisce dall’Italia alla
Francia non necessiterà dello stesso tipo di assistenza di chi invece si sposta
da Oslo alla Sierra Leone. Noi, che siamo una via di mezzo, abbiamo beneficiato di un <i>Cross
Cultural Training Support</i>, ovvero un mini corso di 8 ore, spezzate in due giornate,
in cui mentre le bambine trangugiavano la più lunga sessione di cartoni animati
della vita, ricevevamo informazioni sulla nazione che è così cortese da
ospitarci.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Il corso però non è andato esattamente
come da aspettative: basti solo dire che da quando abbiamo finito le prime quattro ore dormiamo da cani ed io ho pure sognato che ci
trovavamo in una piazza dietro casa dove squartavano le mucche intere davanti
ai bambini.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
La trainer, una signora con
l’aria molto manageriale, messicana ma di madre francese e padre italiano, ha
esordito dicendo che ci avrebbe fatto un quadro il più possibile completo dei pro
e contro del vivere in Messico, ma probabilmente si è persa un po’ per strada
perché io di pro non ne ricordo nemmeno uno.<br />
<a name='more'></a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
In pratica abbiamo iniziato la
sessione con il sorriso sulle labbra, con quella sorta di piccola spocchia di
chi ha già vissuto all’estero e la sa lunga, ma poi qualcosa è andato storto o
forse siamo noi che non abbiamo ancora messo a fuoco questo paese, cosa
probabile in virtù del fatto siamo appena arrivati.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
I temi sul piatto erano i
seguenti: <i>Social roots of Mexico, Living
in Mexico, Mexican Social Organization, Authority Conception, Non-verbal
behavior</i>. Una specie di grande calderone su usi e costumi, caratteristiche
sociali e culturali e stile di vita dei messicani, con l’obiettivo di “essere
preparati” e non commettere errori o fraintendimenti culturali. Probabilmente
mi aspettavo qualcosa di più simile ad una chiacchierata da bar, in cui, tra un
amaro e un limoncello, insegni allo straniero di turno che in Italia il gesto
dell’ombrello è da evitare.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Viceversa, la signora ha pensato bene
di farci un quadro molto crudo del Messico, per poi lasciare a noi il compito
di fare la tara, operazione molto difficile quando non hai ancora le esperienze
di vita che ti permettano di farlo.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Ecco a grandi linee, quanto ci ha
spiegato in quattro ore.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
-Innanzitutto i messicani sono
falsi. Se ti dicono “Come stai bene!” con ogni probabilità è il giorno
in cui le tue occhiaie fanno capolino o se apprezzano il tuo abbigliamento,
stai certo che ti sei vestita di merda. Siccome io, non più di dieci giorni fa,
ho scritto che i messicani mi sembravano tutti diretti e molto gentili, oltre
alla delusione mi punge vaghezza che abbia da lavorare sull'aspetto o sull'alito
cattivo.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
-In Messico esiste una divisione
in classi sociali fortissima, molto maggiore che in Europa. A quanto pare però,
di queste categorie sociali sembra che non se ne salvi nemmeno una: i
ricchissimi sono tali e vivono nella loro campana di vetro, con totale superficialità
e ambendo a null'altro che gioire del loro denaro mostrandolo il più possibile
in giro. I medio ricchi e gli alto borghesi sono superficiali come i
ricchissimi, ma con la frustrazione di chi non è al top. La classe medio bassa
arranca per i salari insufficienti e la vita tutto sommato modesta. I poveri sono
incattiviti ed hanno come massima aspirazione trasferirsi in USA mentre i
poverissimi da incattiviti diventano aggressivi e ostili verso tutti gli altri, statunitensi in testa (ci hanno già dato
dei “<i>gringos de mierda</i>” per la cronaca). Nulla di nuovo sotto il sole? E’ così
in tutto il mondo? Probabile. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Però pesante da sentire.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
-Traffico e inquinamento: in
queste settimane mi sono stupita in negativo perché il traffico è veramente
assurdo (specialmente il venerdì pomeriggio in cui tutti escono presto e vanno
a festeggiare lo stipendio, che ricevono ogni quindici giorni) ma anche in
positivo perché mi aspettavo una cappa di inquinamento allucinante, che invece
al momento non c’è: la città è ventilata, c’è il cielo azzurro e non ho nemmeno
tanta asma. Ovviamente, Miss Ottimismo ci dice che ora di Natale il traffico
diventerà ingestibile perché i Messicani iniziano almeno due mesi prima del 25
dicembre a cercare i regali. E, naturalmente, ora l’inquinamento è molto basso
perché è la stagione delle piogge: vedrete che bello in gennaio.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
-Cibo: NON mangiare mai cibo di
strada, NON ordinare insalata al ristorante, NON scegliere mai nulla a base di
coriandolo, NON mangiare frutta e verdura senza averla prima disinfettata, NON
lavarsi i denti con l’acqua del rubinetto e soprattutto provvedere ogni sei
mesi ad assumere un adeguato vermifugo per via orale. Riassumendo, fatta salva
l’igiene orale e la questione frutta e verdura, ci viene detto in pratica che
dovremmo evitare il cibo migliore del Messico, che in massima parte si trova in
strada, evitando per di più - anche al ristorante – una delle erbe più diffuse,
per l’appunto il coriandolo (che si trova probabilmente anche nel dentifricio).
Dopo un rapido scambio di sguardi, decidiamo che saremo schiavi della vendetta
di Montezuma e ci faremo flebo di vermifugo, ma la sperimentazione culinaria
non si tocca.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
-Taxi. Un brivido mi corre lungo
la schiena quando scopro che i taxi che ho preso già almeno tre o quattro volte
non sono AS-SO-LU-TA-MEN-TE da prendere. Che poi sono i taxi rosa, quelli
“ufficiali”, quelli che la mia aggiornatissima guida Feltrinelli raccomandava
perché, appunto, ufficiali. Ma come? No ai taxi improvvisati, va bene evitare
quelli di altri quartieri o senza tassametro, però pure quelli
ufficiali??? In sostanza, usare solo Uber o Cabify o Easytaxi. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
La domanda seguente sorge
spontanea: cosa succede se li prendo? O meglio, cosa può’ succedere? </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Perché, diciamolo, alla fine se
ti fregano sulla corsa o se ti rapinano, beh sono soldi, che per carità, sono
importantissimi, ma sono solo soldi. Di qui, il successivo amaro capitolo.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
-Rapimenti: a quanto pare i <i>rumors</i> sui rapimenti dopo tutto non solo
solo <i>rumors</i>. Per di più, se ti capita
di avere bambine, per giunta graziose, bionde, “bianche” e ancora relativamente
piccole, non perderle MAI di vista. Ora, io mi rendo conto che il suggerimento
fa parte della categoria buon senso, che lo scopo era quello di tenerci sul
chi-va-là e mantenere giustamente alta la nostra soglia di attenzione.
Comprendo anche che il rischio ci può essere (seppure molto più vago) anche nel
parchetto davanti alla scuola di Milano. Però, porca zozza, a noi questo
quadretto ci ha un po’ stroncato. Perché ti possono toccare tutto, ma la sola
idea che sia vagamente normale che ti prendano il figlio e tu non lo riveda mai
più è una cosa di cui non mi capacito e che mi fa accapponare la pelle (di qui
insonnia ed incubi bovini).</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
-Proseguendo (come se la voce
rapimenti avesse avuto lo stesso peso di quella ristorante), un altro punto
ameno riguarda la polizia. Essenzialmente, ci viene detto che se la polizia ti
ferma, devi fare esattamente quel che la polizia dice. Cioè, se la polizia dice
che guidavi troppo veloce ma a te non sembrava, cambia subito idea. E fai lo stesso se
ti dicono che hai un fanalino rotto, che sei passato col rosso, che non si
guida con la cravatta o il lunedì pomeriggio dei mesi con la emme. E mi fermo qui.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Vacanze: a detta della signora,
dovremmo andare solo in strutture all-inclusive o grandi catene alberghiere,
quelle in cui in pratica è tutto uguale a prescindere dalla località (piscina,
spa, camere, area bimbi, karaoke, bar, ristorante internazionale e ristorante
tipico, colazione continentale, massaggino) però poi puoi dire agli amici che
sei stato nello Yucatan o a Puerto Vallarta. In questo caso, mi riservo di
investigare maggiormente perché non posso pensare che non ci sia una via di
mezzo tra la catapecchia pulciosa e il
cinque stelle anonimo. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Ergo, comincio a pensare che la
signora la metta veramente giù dura.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Allora mi chiedo cosa direi io
dell’Italia, se dovessi fare un quadro in negativo del mio paese, e credo che
troverei da dire molto di fastidioso ma nulla di spaventoso. Molto che mi
disturberebbe, senza tuttavia impedirmi di dormire sonni tranquilli. Di contro
è questione di punti di vista: due mie compagne di scuola di spagnolo sono di
San Paolo, Brasile, Ed entrambe dicono di sentirsi sicure qui perché nella loro
città, che pure adorano, capita spesso di essere rapinati, pistola alla tempia.
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Così mi rincuoro. E mi rincuoro
ancora di più rileggendo questo post e pensando che forse, prudenza a parte,
l’unica soluzione è prenderla con umorismo, per quanto difficile possa
sembrare.<br />
Poco dopo questa razionale riflessione però, apprendo che
c’è stata una rapina nel mio quartiere esattamente di fronte al mio supermercato e che, a margine di una sparatoria, uno dei due ladri è stato
fatto secco.<br />
Quando ho pronta una salace battuta sul tema vi avverto.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-nO3QwREppDs/Wa1pRD-LtQI/AAAAAAAAB10/RqM4zGFNHrIuAopLIGuO1pquEPSbe0k_ACLcBGAs/s1600/20170904.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="688" data-original-width="1600" height="273" src="https://4.bp.blogspot.com/-nO3QwREppDs/Wa1pRD-LtQI/AAAAAAAAB10/RqM4zGFNHrIuAopLIGuO1pquEPSbe0k_ACLcBGAs/s640/20170904.jpg" width="640" /></a></div>
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
Giohttp://www.blogger.com/profile/09814346131767727490noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5956095861693450265.post-51480200195577510382017-08-29T16:09:00.000+02:002017-08-29T16:09:00.947+02:00PRIME POLAROID<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div class="MsoNormal">
Faccio un po' fatica a dare un
ordine logico alle cose che vedo o che scopro, qui in
Messico. Il termine inglese <i>overwhelmed </i>esprime bene come mi sento:
una specie di onda fatta di tanti stimoli nuovi non sempre facili da gestire. E
in mezzo c'è pur sempre una quotidianità che sta cominciando a diventare
routine: sveglia, colazione, attesa chilometrica del bus della scuola davanti
al portone, sistemazione casa, sguardo desolato all'appartamento vuoto e ai
tristi mobili a noleggio, spesa, impegni vari, rientro da scuola delle bambine con
conseguente attesa chilometrica del bus, compiti, altro sguardo tristo, birra
consolatoria, rientro consorte, cena e via così.</div>
<div class="MsoNormal">
In mezzo, le prime gite in giro
per la città - che alterna zone inavvicinabili ad altre molto carine - e in
parallelo tante cose nuove, talvolta ridicole o semplicemente diverse da ciò
cui ero abituata. Ora, siccome non l'ha detto nessuno che deve esserci una
logica in quel che racconto qui, vado ad elencare, come si dice in spagnolo,
a <i>cabezon de perro</i> ciò che
mi ha colpito ultimamente.</div>
<div class="MsoNormal">
(Chi mi legge dai tempi del
<a href="http://u-mami.blogspot.com/">glutammato </a>ricorderà che adoro gli elenchi, per chi non avesse avuto questa enorme fortuna: adoro gli elenchi)<br />
<a name='more'></a></div>
<div class="MsoNormal">
In diverse aree gioco per bambini
il cane deve aspettare fuori, non si possono portare cibo o bevande e non é possibile
tantomeno entrare con biciclette o monopattini. </div>
<div class="MsoNormal">
Però è pieno di charging point. Quindi
magari ti fottono la bici, ti scappa il cane o il tuo bambino muore disidratato
ma almeno lo puoi fotografare col tuo cellulare perfettamente carico. </div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-s5xrmM47gJA/WaQtoVmLeiI/AAAAAAAAB0M/WXGvNOqhZCIMLMY_bHc5sf0sTvPHuRMTgCLcBGAs/s1600/E.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="400" src="https://2.bp.blogspot.com/-s5xrmM47gJA/WaQtoVmLeiI/AAAAAAAAB0M/WXGvNOqhZCIMLMY_bHc5sf0sTvPHuRMTgCLcBGAs/s400/E.jpg" width="300" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<br />
In Messico sono inaspettatamente avanti
sotto molti punti di vista, ma non lo sono di sicuro sul concetto di ciò che è o non è salutare in termini alimentari. O meglio, se si limitassero al cibo
messicano non ci sarebbe problema. Peccato che la contaminazione statunitense non
sia roba da poco, così scopri che in farmacia vendono Coca-Cola, Sprite, succhi e Gatorade, insieme al loperamide e all'aspirina, mentre a scuola
delle bambine gli studenti possono comprare liberamente nella caffetteria pacchi
di marshmallows in confezione famiglia come alla Metro.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-hTjECDZNCEg/WaQuyjnQlII/AAAAAAAAB0U/CJq52-236jIOQuxTON_V3huohbq1xur1wCLcBGAs/s1600/B.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-hTjECDZNCEg/WaQuyjnQlII/AAAAAAAAB0U/CJq52-236jIOQuxTON_V3huohbq1xur1wCLcBGAs/s400/B.jpg" width="300" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<br />
Nonostante il traffico folle e
tentacolare, il pedone (almeno in teoria) è il re della strada.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-poeKNVEDuJY/WaQu4WWgO8I/AAAAAAAAB0Y/A947Ilzt9GoFHaWIeIzxplJBrZlv_ZltgCLcBGAs/s1600/D.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="400" src="https://2.bp.blogspot.com/-poeKNVEDuJY/WaQu4WWgO8I/AAAAAAAAB0Y/A947Ilzt9GoFHaWIeIzxplJBrZlv_ZltgCLcBGAs/s400/D.jpg" width="300" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<br />
Dopo un susseguirsi di entusiasmi
gastronomici ho trovato la prima cosa che mi fa veramente schifo. La <i>michelada</i>, ovvero un mix di birra, salsa
chili, limone, sale, succo di pomodoro e peperoncino. Io sono un'amante della
birra, adoro il lime, mi piace pure il pomodoro condito, non disdegno il
piccante in genere, ma non per questo desidero trovarmeli tutto insieme nel
bicchiere. </div>
<div class="MsoNormal">
Onestamente, vomitevole.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-G1rTgKpJQlo/WaQvSKTCS8I/AAAAAAAAB0c/EtkoD_MktxUmk6R2jUKaHfLm99pe_EM9wCLcBGAs/s1600/C.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-G1rTgKpJQlo/WaQvSKTCS8I/AAAAAAAAB0c/EtkoD_MktxUmk6R2jUKaHfLm99pe_EM9wCLcBGAs/s400/C.jpg" width="300" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<br />
Ho avuto una sventura con Uber.
In due parole, ho pasticciato con l'account e sono stata cacciata fuori dal
sistema senza scampo. Sono un pària di Uber,
insomma. </div>
<div class="MsoNormal">
Dopo essermi disperata parecchio,
tramite una pagina Facebook di stranieri in Messico ho scoperto che la concorrenza c'è ed è tanta. Così ho scelto Cabify, che invece mi ha accolto a braccia aperte, con mio grande sollievo sia
perché ho scoperto che è più economica di Uber, sia perché se sono molto in
ritardo c'ho pure l'opzione elicottero. </div>
<div class="MsoNormal">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-xAnYse1yBDE/WaRgOLPkWhI/AAAAAAAAB0w/FOlFvYU7NxYrLJILO-0g00aY1P_CutrdwCLcBGAs/s1600/F.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-xAnYse1yBDE/WaRgOLPkWhI/AAAAAAAAB0w/FOlFvYU7NxYrLJILO-0g00aY1P_CutrdwCLcBGAs/s400/F.jpg" width="300" /></a></div>
<span id="goog_822711095"></span></div>
<div class="MsoNormal">
<br />
Della serie: il mignon, questo
sconosciuto, sappiate che l’abbinamento alla brioche nel formato messicano è tre cappuccini.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-cP-0MPtzWzc/WaRgTTyi4PI/AAAAAAAAB00/DS705llLqjkHXXAgfD98OXZ8FrcKIOvVgCLcBGAs/s1600/G.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="400" src="https://2.bp.blogspot.com/-cP-0MPtzWzc/WaRgTTyi4PI/AAAAAAAAB00/DS705llLqjkHXXAgfD98OXZ8FrcKIOvVgCLcBGAs/s400/G.jpg" width="300" /></a></div>
</div>
<div class="MsoNormal">
<br />
Non riesco ancora ad abituarmi al
fatto che in Messico la gente spilucca sempre qualche snack, possibilmente
piccanti all'inverosimile, e fin qui nulla di che. Solo che gli stuzzichini si
chiamano <i>botanas</i>, quindi al bar e al ristorante essenzialmente ti danno tutti della <i>botana</i>, così per rompere il ghiaccio. <br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-Lf8BnIC_b-4/WaRgzkprYhI/AAAAAAAAB08/kSoR3CbLKU4B_yJdw1IR2Xuu2nxui6ImwCLcBGAs/s1600/A.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="320" src="https://2.bp.blogspot.com/-Lf8BnIC_b-4/WaRgzkprYhI/AAAAAAAAB08/kSoR3CbLKU4B_yJdw1IR2Xuu2nxui6ImwCLcBGAs/s320/A.jpg" width="240" /></a></div>
</div>
<div class="MsoNormal">
<br />
A questa città piace abbreviare
tutto, così Città del Messico diventa CDMX. Nel mio quartiere, Polanco, vanno ancora oltre e abbreviano le strade: così calle Lope de Vega diventa LDV, calle
Suderman è SDM e via così. Quindi molto spesso accanto ai numeri civici delle vie appaiono queste sigle non meglio imprecisate che più che aiutare ad orientarsi, ricordano un codice fiscale dell’Uzbekistan.</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Ah comunque se volete scrivermi
abito in TN719.<br />
Grz a tt</div>
<br />
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
</div>
Giohttp://www.blogger.com/profile/09814346131767727490noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5956095861693450265.post-16332845174491989472017-08-23T16:05:00.001+02:002017-08-23T16:05:04.272+02:00PRATICAMENTE VADO AL CEPU<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
La cosa fondamentale quando si
espatria è a mio parere quella di essere in grado di comunicare. Ora, in Cina
questa cosa è sempre stata un grosso problema per ovvi motivi: il mandarino è
difficilissimo e comporta un impegno intensivo e costante per arrivare a
risultati minimi e pure sindacabili. Ora invece sento che è arrivato il tempo
della rivalsa, perché -che diamine- parliamo dello spagnolo. Se pò fa.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Ho dunque cominciato, una
settimana dopo essere arrivata a Città del Messico, a cercare come una pazza su
Internet quale potesse essere la migliore opzione. Mi sono subito resa conto
che qui il problema non è tanto la scuola, quanto il tempo necessario per
arrivarci. Che sia con il taxi o con Uber o a dorso di mulo, la città mi è
tentacolare e parecchio incasinata, quindi un paio d’ore di lezione possono
tranquillamente diventare quattro se è l’ora di punta e devi andare e tornare.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E qui è scattato il colpo di culo
inaspettato.</div>
<a name='more'></a><br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Primo giorno di scuola delle
figlie, scendiamo in strada per aspettare lo scuolabus e incontriamo i nostri
vicini del piano terra, (la casa è una piccola palazzina di due piani, con sei
appartamenti, noi siamo al secondo e loro appunto al terreno), mamma, bimba e
bimbo, chiaramente giapponesi, con cui scattano brevi presentazioni e gran
sorrisi. Un paio d’ore dopo, tornando dalla spesa, incontro di nuovo sotto casa
la sciura, mentre fa razzolare il suo Jack Russel di nome Gigi (alla francese,
Jiji) e in breve mi punge vaghezza che non sia proprio giapponese: apprendo infatti
in breve che - nipponica solo di origine - in realtà è brasiliana e si chiama
Elisa.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Mostrando di avere poco o nulla
della tipica timidezza dei giapponesi, cominciamo a parlare e nel giro di 5
minuti mi propone di andare con lei l’indomani a vedere una scuola di spagnolo
a 200 metri da casa. Accetto anche se con un certo scetticismo (tra l'altro vi assicuro che una conversazione in pseudo-spagnolo imbarbarito da
italiano e portoghese è un miscuglio immondo, pari forse solo al mango con la
salsa chili) poi però vado a casa e mi informo meglio. Scopro che in effetti è
un centro per l’apprendimento dello spagnolo per stranieri che deriva dalla
Universidad Autonoma de Mexico, ha l’aria molto seria, costa poco, è dietro
l’angolo e ha gli orari perfetti per le mie esigenze: due volte a settimana,
due ore e mezzo ogni giorno, per sei mesi. E come se non bastasse, proprio
l’indomani è il giorno utile per iscriversi alla sessione che mi interessa.
Bingo!<br />
A voler essere pignoli l’unica seccatura è che l’acronimo della scuola è
CEPE, che fa molto Cepu. E così mi viene in mente Bobo Vieri che con aria bovina sponsorizzava i due anni in uno. Rabbrividisco ma cerco di rimuovere l'associazione. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
L’indomani, busso alla
porta di Elisa e andiamo alla ventura. Ci troviamo in un interno abbastanza
spartano, che rapidamente si riempie di
donne di tutte le età, colori e provenienze - ancora una volta un sacco di
giapponesi, che si rivolgono per l’appunto in giapponese ad Elisa, la quale si
barcamena a fatica dribblandole come Pelé - e una per una veniamo indirizzate
in diverse aule per la prova orale, seguita dal test scritto. Nella prova orale
sudo copiosamente, un po’ perché è tanto che non faccio un esame, un po’ perché
parlare senza saper parlare mi fa una fatica enorme. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
La maestra è gentile, sta
sul generico chiedendomi <i>la ravas y la favas </i>finché non pare soddisfatta. Mi dice che sono a metà tra due livelli e che sarà il test scritto ad essere decisivo. Cambio aula e passo in una piena di donne volenterose. Mi viene dato un test da trenta domande in cui mi barcameno abbastanza bene. Peggio va invece nella composizione libera in cui devo esprimere in almeno sessanta parole cosa fa l'omino illustrato nei disegni. Scattano così una serie di voli pindarici là dove, non sapendo come dire che il signor Santiago si alza dal suo letto, scrivo che è mattina e invece che arrovellarmi sulla parola colazione scrivo che mangia uova fritte e beve latte, così macino pure vocaboli in più. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Perché mica é facile arrivare a sessanta parole quando il tuo vocabolario non supera le cinquanta.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Comunque alla fine consegno e con mia grande sorpresa la maestra mi assegna al livello Basico 2. Mica il Basico 1, come un Vieri qualsiasi! Sprizzo felicità da tutti i pori, anche se la maestra mi mette rapidamente in guardia: con ogni probabilità sarò la più schiappa della classe, ma siccome sono italiana (ed estremamente brillante, aggiungo) ce la posso fare. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Alla fine, Elisa ed io torniamo a casa come due scolarette orgogliose, doppiamente felici perché saremo in classe insieme. E prima di salutarci, mi lascia in regalo un sacchetto con le vecchie divise dei figli, che l'anno scorso erano alla scuola delle mie, e insieme un sacchetto di cioccolatini brasiliani. E io già la adoro.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-OwP2xXFJ8kU/WZzuYBKRMnI/AAAAAAAABz8/5FvxsqHasKsM2ddUugeA-x1rZ-0TalRvwCLcBGAs/s1600/20170822.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="691" data-original-width="1600" height="170" src="https://2.bp.blogspot.com/-OwP2xXFJ8kU/WZzuYBKRMnI/AAAAAAAABz8/5FvxsqHasKsM2ddUugeA-x1rZ-0TalRvwCLcBGAs/s400/20170822.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
Giohttp://www.blogger.com/profile/09814346131767727490noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-5956095861693450265.post-27481853474969322992017-08-22T00:42:00.000+02:002017-08-22T00:42:43.113+02:00GIUSTO DUE RIGHE PER ROMPERE IL GHIACCIO<div style="text-align: justify;">
Aprire un capitolo "prime impressioni" una volta approdati a Città del Messico è abbastanza complesso sia perché sono ancora annebbiata dal fuso (e sono passati dieci giorni!), sia perché la città e la cultura in cui ci siamo prepotentemente immersi è fatta di scoperte quotidiane che vanno digerite a poco a poco. Devo anche premettere però che se la Cina era uno shock culturale di tutto rispetto, il Messico, o quantomeno questa metropoli, non lo è. E non solo perché grosso modo - molto grosso - riesco a intuire quello che la gente dice, ma perché i comportamenti sociali sono molto simili ai nostri. Qui l'unico vero shock è la quantità di peperoncino con cui tutto è condito. Dai tacos all'anguria. </div>
<br />
<a name='more'></a><div style="text-align: justify;">
Per il resto c'è la fatica di approcciare tutto quello che è nuovo, che prescinde totalmente dal dove ci si trova ed ha a che fare con la capacità di adattamento, con la curiosità e - diciamolo - anche con l'orgoglio di poter dire di avercela fatta. </div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Sicuramente quel che posso già dire è che i messicani sono semplici, diretti e in genere molto gentili, e scusate se è poco. Ovviamente ora che l'ho scritto nero su bianco incontrerò solo stronzi sgarbati. </div>
<div style="text-align: justify;">
L'altra impressione che ho avuto è che la società in cui mi andrò ad inserire sarà anche molto messicana e non (o non solo) internazionale. Un po' perché la scuola delle bambine, pur avendo un programma IB (l'International Baccalaureate cioè una sorta di certificazione di internazionalità del programma didattico), è molto messicana, che tradotto significa che le mie figlie spiccano, bionde e ricce, peggio che in mezzo ai cinesi. E un po' perché questa cultura sembra (dico sembra) facile, avvicinabile e per molti aspetti attraente.</div>
<div style="text-align: justify;">
Quindi via, buttiamoci. </div>
<div style="text-align: justify;">
Domani provo il mango con la salsa al peperoncino. Domani, eh.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Giohttp://www.blogger.com/profile/09814346131767727490noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5956095861693450265.post-31525519778452305942017-08-04T14:41:00.001+02:002017-08-04T14:41:14.091+02:00CASA DULCE CASA<div style="text-align: justify;">
Per trovare casa a Città del Messico sono necessarie due regole: non avere fretta e non trarre conclusioni affrettate.</div>
<div style="text-align: justify;">
Perché - se anche uno pensa che ha avuto culo e dopo solo 18 appartamenti visitati è riuscito a trovare quello ideale - poi la cosa non è che esattamente finisca così. Il mio caso, per esempio.</div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Arriviamo in visita nella Ciudad a fine aprile, giriamo come trottole per quattro giorni e al rientro in Italia scriviamo alla nostra agente e le comunichiamo due opzioni: casa A, decisamente bellissima, ma un tantino poco pratica (no ascensore, balcone e camera di servizio) e casa B, molto meno bella, ma con i plus di cui sopra.<br />
<a name='more'></a></div>
<div style="text-align: justify;">
L'agente comincia a contattare la proprietà di A e avvia la trattativa. Dopo solo due settimane ci fornisce la preziosa informazione che la casa è disponibile. Evitando di rimarcare che l'avevamo intuito da soli, chiediamo cortesemente di procedere.</div>
<div style="text-align: justify;">
L'agente però suggerisce di aspettare, che forse conviene sentire anche B, per fare un confronto. Chiediamo allora all'inquilino che abita in B di fornirci il contatto della proprietà. Altre due settimane di attesa. Motivazione: il proprietario "è un tipo particolare, non si può mica contattarlo così". </div>
<div style="text-align: justify;">
Giusto, sciocchi noi. </div>
<div style="text-align: justify;">
Dopo qualche altro giorno, finalmente abbiamo un numero di telefono. Eureka! L'agente lo contatta. Ma, <i>ça va sans dire</i>, passa altro tempo.</div>
<div style="text-align: justify;">
Scalpitiamo ma teniamo duro: finalmente, dopo una decina di giorni ci fanno sapere via mail che anche B è disponibile. Felici, ci concediamo qualche ora per valutare se scegliere A o B, ma ecco che, non più di 12 ore dopo la prima mail, una seconda ci informa che B è già stata affittata. Azz! Prima siete lenti come la fame e ora neanche il tempo del fuso orario?</div>
<div style="text-align: justify;">
Digerita la cattiva notizia cerchiamo di mantenere l'ottimismo, perché ora almeno non avremo più dilemmi tra A e B. </div>
<div style="text-align: justify;">
La casa è A.</div>
<div style="text-align: justify;">
Si avviano le trattative per firmare il contratto, che - stranamente - sono un po' lunghe. Dopo un'altra settimana di prammatica chiediamo un aggiornamento e l'agente ci informa che i proprietari di A non vogliono fornire i documenti che attestano che sono per l'appunto proprietari di A e quindi lei ci sconsiglia caldamente di procedere.</div>
<div style="text-align: justify;">
Mortificati, decidiamo di rinunciare e chiediamo di organizzare per la settimana successiva un tour di altri appartamenti, che ovviamente avrebbe visto solo Andrea, essendo l'unico già in Messico.</div>
<div style="text-align: justify;">
Il giorno degli appuntamenti però, tra una visita e l'altra, avvengono due fatti. Primo: ci informano che B ha fatto marcia indietro ed è nuovamente disponibile. Secondo: tra le case visitate ricompare misteriosamente anche A. Ma come? Prima ci dite che i proprietari non sganciano i documenti e che sconsigliate caldamente e poi la casa ci si rinfaccia di nuovo come l'aglio del pesto la mattina dopo? Mistero.</div>
<div style="text-align: justify;">
Ecco dunque il ribaltone: da <i>no está tripa por gatos</i> a scegliete (di nuovo) voi. </div>
<div style="text-align: justify;">
Ormai esasperati, ci diciamo che per evitare ulteriori grane con una proprietà volubile come quella di A, vogliamo concludere con B. </div>
<div style="text-align: justify;">
A questo punto in verità, si sta pericolosamente avvicinando la data del nostro trasferimento e l'idea di avere un qualsiasi tetto sopra la testa che non sia l'albergo in culo ai lupi dove la mia dolce metà soggiorna già da talmente tanto tempo che ormai gioca a Burraco col <i>concierge</i> e batte il cinque alla signora delle pulizie, ci sorride parecchio. </div>
<div style="text-align: justify;">
Partono così le pratiche contrattuali, breve scambio di documenti (breve per il Messico, quindi altri dieci giorni) e check della casa da parte dell'agente per verificare che sia tutto ok. Finché in una mattina di fine luglio leggo l'ennesima mail da mal di pancia: i proprietari di B - ad una settimana dalla firma del contratto - hanno cambiato le carte in tavola ponendo talmente tante nuove (e assurde) condizioni capestro che...fammi indovinare? Ci sconsigliate caldamente di procedere? </div>
<div style="text-align: justify;">
Così, a due settimane esatte dal mio arrivo sul suolo messicano insieme alle due nane, ci siamo ritrovati punto e a capo esattamente dove eravamo tre mesi prima.</div>
<div style="text-align: justify;">
La surreale conclusione di questa vicenda è stata che la caparbia agente, prima di ricominciare con una nuova ricerca, ha nuovamente sondato il terreno con A. E contro ogni previsione e quasi con le lacrime agli occhi (le mie) alla fine ha portato a casa il contratto.</div>
<div style="text-align: justify;">
Resta da chiedersi con una certa inquietudine per quale motivo questo appartamento - che ai nostri occhi sembra tanto grazioso, ancorché poco pratico - sia stato disponibile sul mercato per oltre tre mesi. Tre le ipotesi più verosimili: termiti giganti che ci invaderanno appena entreremo, vicini rumorosissimi che non ci daranno tregua la notte o, più verosimilmente, i fantasmi degli ex-locatari imbrogliati dai padroni di casa che vagheranno senza pace nelle serate limpide ululando alla luna.</div>
Giohttp://www.blogger.com/profile/09814346131767727490noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5956095861693450265.post-68331657106165169132017-07-19T11:44:00.001+02:002017-07-19T11:44:07.579+02:00TRAVEL RISK MAP<div style="text-align: justify;">
Ho appena compilato un form accluso al mio biglietto aereo per il Messico che mi chiede se sono consapevole del fatto che il paese in cui viaggerò è a MEDIO RISCHIO.</div>
<div style="text-align: justify;">
Indubbiamente ne sono già consapevole, grazie.</div>
<div style="text-align: justify;">
Quello che non sapevo é che gli Stati Uniti fossero un posto sicuro come -chessò- la Nuova Zelanda o la Danimarca.</div>
<div style="text-align: justify;">
Vedi l'ignoranza, a volte?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-UB7Bo1P-my4/WW8pKGOLPJI/AAAAAAAABys/IlLaKdIhAIAzxx9eTRGXcIeVWeR2UYIngCLcBGAs/s1600/002.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="561" data-original-width="1107" height="324" src="https://2.bp.blogspot.com/-UB7Bo1P-my4/WW8pKGOLPJI/AAAAAAAABys/IlLaKdIhAIAzxx9eTRGXcIeVWeR2UYIngCLcBGAs/s640/002.jpg" width="640" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Giohttp://www.blogger.com/profile/09814346131767727490noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5956095861693450265.post-3053652429363239442017-06-22T07:00:00.000+02:002017-06-22T13:59:21.005+02:00NON PERDIAMO IL RITMO<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Dopo un mese dall'ultimo post e a
due mesi dalla ormai imminente partenza per il Messico, ecco quanto ho
imparato di nuovo. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
-Innanzitutto da quelle parti non
è necessario fare tutto e subito. Le cose si possono fare anche domani o tra
una settimana o, se non è proprio indispensabile, tra una decina di giorni.
Perché, si sa, la fretta è cattiva consigliera e chi va forte va alla morte.</div>
<a name='more'></a><br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
-Ho poi scoperto che non troverò
mai due persone che hanno lo stesso giudizio su Città del Messico. C'è chi dice
che è fantastica e chi assicura che è terribile. Chi si muover solo in un
blindato e chi prende a cuor leggero la metropolitana. Chi mi parla di gente
che uccide per l'acqua potabile e chi di "riccanza" che per non
restare imbottigliato nel traffico opta per l'elicottero. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
La verità? Se non mi
rubano il blindato ve lo dirò tra pochi mesi. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
-Organizzare un trasloco in
Messico a quanto pare è difficilissimo ma ancor di più pare sia prevedere la
tempistica di una consegna via nave. Su tre compagnie interpellate per avere un
preventivo, una ha detto che ci vogliono trenta giorni, una più di due mesi e
l'ultima circa sei settimane. Quindi, basandomi sulla certezza che tutti
volessero essere ottimisti, probabilmente per la fine di ottobre potrò godermi
i miei divani nella casa nuova. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
-Quando stai per traslocare
avviene uno strano fenomeno in cui le sfighe si accumulano una dietro l'altra,
tipo le piaghe d'Egitto. Dalla tapparella che si disintegra alle figlie coi
pidocchi, dalla raccomandata con sanzioni salatissime per una dichiarazione dei
redditi del 15-18 non evasa correttamente, al lavandino che ti allaga mezza
casa, per concludere con la cisti al ginocchio. Sono forse segnali? Non so, ma
provo a fingere che va tutto bene. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
-Quando mi chiedono dove ci
stiamo per trasferire, alla parola MESSICO si abbina subito un'espressione di
invidia e un sorrisone a tutti denti che poi, non appena aggiungo CITTA'
DEL, si trasforma in uno sguardo a metà tra il compatimento e il biasimo. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Questo mi suscita - guarda un po'
- un sentimento di compatimento e biasimo. Perché magari sto facendo io una
cavolata, ma c'è anche il caso che la cavolata la stia facendo chi giudica,
senza sapere. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
Giohttp://www.blogger.com/profile/09814346131767727490noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5956095861693450265.post-76882578729179938282017-05-18T11:24:00.007+02:002017-05-19T19:45:49.029+02:00EL BOLIGRAFO ESTA’ EN LA MESA <div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="line-height: 115%;">Nell’ottica del PORTARSI AVANTI ho deciso di iniziare a studiare
lo spagnolo, lingua che <i>tanto si capisce </i>ma anche che - quando si tratta di parlarla - non è che <i>basta aggiungere le esse in fondo</i>. E’ vero, capirlo
non è un dramma, e via via ho l’impressione di essermi già fatta un po’ l’orecchio,
ma quando poi provo a cimentarmi con qualche frase, mi accorgo di avere un
blocco totale. Le parole proprio non escono, se si esclude qualche fonema
stentato.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="line-height: 115%;">Hola! Como estas? Muy
bien! Uno dos tres.<o:p></o:p></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="line-height: 115%;">Ecco, già finito.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="line-height: 115%;">Di qui, la decisione.</span></div>
<br />
<a name='more'></a><br /><br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="line-height: 115%;">Mi sembra di ricordare che nel pacchetto Expat dovrebbero
essere incluse delle lezioni di lingua, ma a questo giro decido di iniziare per
conto mio.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="line-height: 115%;">Tento prima con il prestigioso Istituto Cervantes, che però mi
sciorina un preventivo di €1.250 per 15 ore di lezione, sia pure a domicilio.
Grazie, ci penso.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="line-height: 115%;">Pensato. No.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="line-height: 115%;">Ripiego allora per Internet: vedo che è pieno di corsi
gratuiti online ma dopo poche pseudo lezioni mi sembra di non aver fatto grandi
progressi. Tutt’al più ho aggiunto i giorni della settimana e i numeri, ma come
<i>improvement</i> mi sembra assai modesto.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="line-height: 115%;">Poi trovo il sito Superprof.it, un portale che offre lezioni
di tutto per tutti. Dall’aerografia alla balalaika, dal <i>Final Cut Pro</i> (imperdibile) alla retorica. Cè anche un corso di
nacchere, volendo pure avanzato, ci faccio un pensierino ma poi decido di non
uscire dal seminato e vado avanti con la mia scelta iniziale.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="line-height: 115%;">Scelgo Juan, giovane colombiano, nella convinzione che se è
madrelingua e possibilmente latinoamericano, trarrò maggiori benefici dalle
lezioni, un po’ perché lo spagnolo iberico è assai diverso da quello dei latini
e un po’ perché mi incuriosisce di più avere qualche dritta se non sul Paese,
almeno sul continente in cui sto per trasferirmi.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="line-height: 115%;">Viene fuori che Juan è un ragazzone alto un metro e novanta,
gentilissimo e molto simpatico, che pur essendo chiaramente alle prime armi con
l’insegnamento (se si esclude l’aver fatto lezioni di spagnolo in una casa di
riposo per anziani in Brasile, e non chiedetemi perché) è bravino. Paziente e
attento, mi sta aiutando a barcamenarmi con una lingua che pur avendo
tantissime affinità con l’italiano, offre però anche parecchie insidie. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="line-height: 115%;">Juan, oltre ad un libro di grammatica, mi ha proposto anche Duolinguo,
un’applicazione (che a cascata ora utilizzano anche Andrea ed Alice) subito scaricata
sul cellulare, che ha il doppio vantaggio di offrire mini lezioni fatte a
piccoli step, molto intuitive e varie, traducendo però DAL o IN inglese, dal
momento che non esiste ancora nella versione italiano-spagnolo. Il ché significa fare un doppio esercizio, in sostanza. Molto bene.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="line-height: 115%;">La cosa carina è che
ogni mini lezione impone sia l’ascolto, che la scrittura in spagnolo o dallo
spagnolo, fino alla ripetizione di frasi. Siccome bisogna mantenere un task
giornaliero (che l’app ti sollecita sul cellulare, casomai te ne dimenticassi),
anche per accumulare punti che permettono di sbloccare altri e più difficili
livelli, finisce che Duolinguo ho cominciato ad usarlo in tutti i momenti
liberi o tempi morti. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="line-height: 115%;">In pratica, mentre prima ingannavo le attese leggendomi due
notizie o quattro minchate su Facebook, ora mi sparo più volentieri qualche
lezione al volo.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="line-height: 115%;">Il dramma è che spesso devi ripetere la pronuncia nel
microfono, cosa che mi sono già ritrovata a fare, nell’ordine:<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="line-height: 115%;">-in bagno (ovvio)</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="line-height: 115%;">-in coda dal medico<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="line-height: 115%;">-in metropolitana<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="line-height: 115%;">-davanti alla scuola delle bambine<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="line-height: 115%;">-dal parrucchiere</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="line-height: 115%;">La procedura consiste nel guardarsi intorno con <i>nonchalance</i>, valutare che eventuali
vicini non siano a distanza di ascolto e poi farfugliare la frase richiesta,
nella speranza di non averla farfugliata TROPPO, perché altrimenti la maledetta
app ti chiede cortesemente di scandire meglio le parole, così tu
riprovi, cercando di scandirla un po’ di più ma sempre con il tono di chi sta
mandando alla segretaria un reminder per un appuntamento col Papa o alla Nasa un messaggio in codice criptato. Peccato che, niente, la stronzetta non capisce ancora, forse perchè hai il dito sul microfono o forse perchè la tua pronuncia fa ancora inevitabilmente schifo, finchè esasperata dall’ennesima
richiesta di ripetere la frase, ti ritrovi a gridare <b>SUSANA NO COME POLLOOOOOOOOO</b> con quanto fiato hai in gola, tra un vagone e l'altro della linea verde. <span style="font-size: 13pt;"><o:p></o:p></span></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-i_e-qzgSVGE/WR1nY2DriPI/AAAAAAAAByc/KvSZYwHQCQwwTn7Pa7LChByZtbN17R-GwCLcB/s1600/001.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="360" src="https://1.bp.blogspot.com/-i_e-qzgSVGE/WR1nY2DriPI/AAAAAAAAByc/KvSZYwHQCQwwTn7Pa7LChByZtbN17R-GwCLcB/s640/001.jpg" width="640" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="line-height: 115%;"><br /></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="tab-stops: 156.0pt; text-align: justify;">
<span style="font-size: 13.0pt; line-height: 115%;"> <o:p></o:p></span></div>
Giohttp://www.blogger.com/profile/09814346131767727490noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5956095861693450265.post-13132670801451815132017-05-05T12:46:00.001+02:002017-05-12T16:20:40.803+02:00LAST!<div style="text-align: justify;">
Nella mia precedente esperienza all'estero (e scusate se passerò molto tempo a paragonare la Cina al Messico) non ho avuto la possibilità di fare il fatidico Look And See Trip ovvero la classica toccata e fuga in cui il futuro espatriato viene sballottato - per un numero di giorni solitamente molto esiguo -nella sua futura destinazione, per farsi un'idea di cosa l'aspetterà per i successivi tre anni o più. Il ché ha l'indubbio vantaggio di potersi figurare un po' meglio il quadro generale, ma contempla anche il rischio di ritrovarsi di fronte a una realtà che <strike>fa cagare</strike> non gli piace, ma sulla quale non ha di fatto più il controllo, perché tanto ormai, come si sul dire, <i>les jeux sont faits.</i><br />
<a name='more'></a></div>
<div style="text-align: justify;">
A questo giro invece, il Look And See Trip (dall'inquietante acronimo LAST) ce lo siamo fatti non più tardi di una settimana fan ed ora sono qui a tirarne le somme, sia per riordinare le idee che per la curiosità altrui. </div>
<div style="text-align: justify;">
La prima buona notizia è che non abbiamo avuto nessun tipo di sfiga logistica: nessun aereo perso o in ritardo, discreta compagnia aerea, hotel come da attese, guida e driver locale competenti, no Montezuma, insomma, tanta roba. Unica pecca - ma non si può chiedere troppo - Maia, dopo l'ultimo test nell'ultima scuola, a mezza giornata dalla partenza, è stramazzata in macchina con un febbrone da cavallo. In pratica, per il rotto della cuffia.</div>
<div style="text-align: justify;">
Volendo riassumere con qualche numero l'esperienza, diciamo che siamo stati in ballo 6 giorni, viaggiando 16 ore all'andata e circa 14 al ritorno: andare a Shanghai aveva l'indubbio vantaggio del volo diretto su Milano, mentre in questo caso lo stop-over è obbligato, ma consente di scegliere tra varie compagnie aeree tutte infinitamente più piacevoli di Airchina, che in quanto a totale mancanza di confort non è seconda a nessuno. Tutto sommato poi, sostare un paio d'ore ad Amsterdam, Parigi o Londra non mi dispiace nemmeno poi tanto. </div>
<div style="text-align: justify;">
Il programma ha previsto la visita a 4 scuole diverse, tutte internazionali, ma anche tutte rigorosamente intenzionate a testare le bambine, non si è capito bene se dal punto di vista accademico o da quello interpersonale. Probabilmente da entrambi. La qual cosa a tutta prima mi ha dato parecchio fastidio, perché l'idea che una scuola possa non accettare bambine normodotate è alquanto irritante, ma mi rendo conto anche che sono scuole private (il pubblico in Messico è sconsigliato e comunque sarebbe stata una perdita linguistica non approfittare della loro conoscenza dell'inglese) e come tali possono decidere che se ti puzzano i piedi nella loro scuola non ci vai.<br />
Mentre sto scrivendo non so ancora gli esiti, che tutti si riservano di darti in un tempo che oscilla tra la settimana ed i dieci giorni (con calma, mi raccomando), per cui sono qui che friggo come una sardina in padella. Anzi, a dire il vero una delle quattro le ha già accettate, ma si tratta di una scuola totalmente fuori budget, che abbiamo voluto vedere solo per curiosità e perché ci avevano detto che è ottima e ha quasi tutti gli insegnanti madrelingua inglese. La scuola in effetti è fantastica: piccola, verde, curata, privatissima, la mensa tra le frasche, il pic-nic al venerdì, i computer con la tastiera di lego, tutti biondi e belli. Ma - budget a parte - abbiamo visto anche bambini portati a scuola con macchinoni da 80 mila Euro in su e Alice ci ha detto che una compagna - 9 anni - le ha rivelato con orgoglio di avere la carta di credito. Ecco, grazie ma no.</div>
<div style="text-align: justify;">
Capitolo case: mentre la prole sudava sotto i colpi di mortaio di psicologi e pedagoghi, noi abbiamo sperimentato l'altrettanto provante esperienza della ricerca di un appartamento, strizzati nello strabiliante traffico di CDMX (che non è un numero romano dal dubbio risultato, ma il modo un po' fighetto di intendere Ciudad de Mexico). </div>
<div style="text-align: justify;">
Che poi uno pensa: arrivo da Shanghai, che ha venticinque milioni di abitanti, sarò pure abituata al casino, no? </div>
<div style="text-align: justify;">
No.</div>
<div style="text-align: justify;">
Qui siamo nell'iperspazio del traffico, che se a Napoli il tassista in coda fa in tempo a farsi l'espresso al bar (storia vera), lì probabilmente ci scappa anche il taco con un paio di Corona. Fortunatamente il rimbambimento da fuso orario ci ha aiutato a farcene una ragione, poltrendo sui sedili posteriori dell'auto tra una visita e l'altra. I nostri accompagnatori hanno cercato in ogni modo di convincerci che la soluzione migliore per noi sarebbe stata quella di vivere in un quartiere periferico, all'interno di un qualche torre residenziale super accessoriata, che benché fighissima avrebbe significato non soltanto essere isolati da tutto ma anche dover ficcarsi in macchina anche solo per comprare un litro di latte. E nonostante abbia visto i lucciconi negli occhi della mia dolce metà alla prospettiva di avere palestra superaccessoriata, piscina olimpionica, spa e hammam a portata di ascensore, io con un raffinato gesto dell'ombrello ho fatto valere la mia posizione. Perché alla fine l'alternativa ha molto più senso (per tutti, ma specie per me che sono quella che deve costruirsi tutto da zero, qui); vivere in città, a portata di metropolitana (capitolo tutto da investigare in termini di sicurezza, ma questa è un'altra storia che affronterò in seguito) e di negozi accessibili.</div>
<div style="text-align: justify;">
Il quartiere scelto si chiama Polanco: posto a Nord del parco più grande della città (per altro il più grande del mondo dopo Central Park) Polanco è un quartiere adorabile. Case basse e soprattutto tutte belle, viali alberati, vita diurna ma tranquillità la sera, localini bellissimi, negozietti molto <i>posh</i> ma anche supermercati (il latte è garantito, insomma). La selezione della casa non è cosa facile perché in ciascuna si trovano pregi e difetti. </div>
<div style="text-align: justify;">
Finché trovi LEI. La tua. La casa che ti fa venire la pelle d'oca e che adori dal primo istante: è grande ma non enorme, ci vedi già piazzati i tuoi arredi, sai che alle bambine piacerà, che gli ospiti li potrai sistemare comodamente, che è in una via tranquilla e via dicendo. Insomma, ora è tutto in mani ai "mediatori", vediamo un po' se una botta di fortuna riusciamo ad averla o se ci sfumerà dalle mani (abbiamo comunque delle buone alternative).</div>
<div style="text-align: justify;">
Si potrebbe scrivere ancora parecchio riguardo al nostro LAST, ma forse il punto vero era capire se la scintilla, con Città del Messico, è scattata oppure no. </div>
<div style="text-align: justify;">
Difficile rispondere, così su due piedi, perché come in tutte le città ci sono mille luci ed ombre e noi in pochi giorni non ne abbiamo viste neanche un centesimo. </div>
<div style="text-align: justify;">
Però, se avessi dovuto basarmi su un LAST per giudicare Shanghai sono matematicamente certa che l'avrei odiata. Per il cemento, per i cinesi che sono così diversi, per il senso di estraneità che solo chi espatria può capire e che ti fa sentire un puntino solo e sperso nel mondo lontano da casa.</div>
<div style="text-align: justify;">
Per cui, nel complesso, siccome CDMX (ammetto, mi piace molto scriverlo) non l'ho affatto odiata, forse vuol dire che ho già un discreto vantaggio in partenza.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
</div>
<br />
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; color: black; font-family: "Times New Roman"; font-size: medium; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; orphans: 2; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: 2; word-spacing: 0px;">
<div style="margin: 0px;">
<br /></div>
</div>
Giohttp://www.blogger.com/profile/09814346131767727490noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5956095861693450265.post-9489709160526365962017-05-05T12:41:00.002+02:002017-05-12T16:42:22.471+02:00PESCE D'APRILE<div style="text-align: justify;">
Diciamolo: annunciare alle proprie figlie che tra quattro mesi si dovranno trasferire per tre anni a Città del Messico e scegliere di farlo esattamente il primo di aprile fa un po' ridere. </div>
<div style="text-align: justify;">
Eppure è andata proprio così, ed io che mi aspettavo ululati e reazioni inconsulte sono stata con mia somma gioia disattesa. D'altronde, la mia indole è naturalmente pessimista: ho sempre preferito vedere il bicchiere mezzo vuoto, nelle cose, per essere sicura di non avere delusioni dopo.</div>
<div style="text-align: justify;">
Però qui era tosta, eh.<br />
<a name='more'></a></div>
<div style="text-align: justify;">
Mettetevi nei miei panni, o ancora di più nei loro: passi oltre quattro anni in Cina. Vivi in un ambiente che per quanto bello e stimolante è un porto di mare. Tipo che ti trovi un'amica e dopo sei mesi quella se ne va. Allora ci riprovi con un'altra e alla fine ad andartene sei tu. Torni in Italia e ti fai un mazzo così a integrarti nella tua comunità d'origine, dove tutti ti vedono un po' come un fenomeno da baraccone e continuano a chiederti se ti trovavi meglio prima oppure adesso (che a voler vedere è una domanda bastarda perché se rispondi che ti trovavi meglio prima sembra che te la tiri, se dici che stai meglio ora sembra che in Cina facesse tutto schifo, quindi magari finisce che fai il <i>cerchiobottista</i> e dici che "è uguale, ma diverso" che onestamente è un po' una minchiata).</div>
<div style="text-align: justify;">
Tutta 'sta fatica e poi ecco che devi ricominciare da capo: casa nuova, nuova scuola, lingua diversa, cibo diverso, addirittura fuso orario diverso: se ci sono due paesi che mi sembrano antitetici sono la Cina e il Messico. </div>
<div style="text-align: justify;">
In comune hanno solo le ore di aereo per arrivarci e probabilmente l'inquinamento. Che culo.</div>
<div style="text-align: justify;">
Dare fuori di matto sarebbe stato lecito, direi quasi normale. Ecco perché sono cauta nel valutare le reazioni della prole.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
E le MIE, di reazioni? </div>
<div style="text-align: justify;">
Io ho deciso di accettare questa nuova avventura senza avere ancora deciso se volevo farla. Perché io sono lenta: devo affezionarmi ad un'idea, farla mia a poco a poco. Trovarne i lati positivi con calma. </div>
<div style="text-align: justify;">
Molta calma.</div>
<div style="text-align: justify;">
E durante questo difficile processo, se qualcuno commenta che è un'esperienza eccezionale ed imperdibile mi irrito perché penso che tanto ci devo andare io e non lui e si fa presto a fare i fighi quando sono gli altri ad andare allo sbaraglio. Ma allo stesso tempo se non mi si dimostra abbastanza entusiasmo (proverbiale la reazione di mia sorella e il suo "<i>Ma che bel posto di merda!</i>") mi deprimo e penso che un po' più di empatia sarebbe stata gradita. Insomma, lo avrete capito, in questo periodo statemi alla larga. </div>
<div style="text-align: justify;">
Il processo di sedimentazione non è ancora terminato. </div>
<div style="text-align: justify;">
L'unica certezza che ho avuto di istinto è stato il BLOG. Quando sono migrata a Shanghai, ho iniziato a scrivere un <a href="http://u-mami.blogspot.it/">blog</a> che mi ha aiutato a gestire emozioni e frustrazioni, gap culturale e sconvolgimenti vari. Ho trattato la mia creatura come un fidanzato amorevole per quasi tre anni salvo poi abbandonarlo senza pietà quando ha cominciato a starmi stretto. L'ho brutalmente usato fino a quando i casi della vita mi hanno portato a non voler più condividere pubblicamente le mie esperienze e non solo perché parte di queste erano davvero troppo personali, ma anche perché probabilmente non avevo poi molto da raccontare di me in un paese che in qualche modo non mi stupiva più. </div>
<div style="text-align: justify;">
Ci stavo bene, inquinamento a parte.</div>
<div style="text-align: justify;">
Ma non mi emozionavo più a vedere il pollo appeso con il bucato o il tassista che si toglieva i peli del naso con due monete da uno yuan. </div>
<div style="text-align: justify;">
Vediamo allora se riesco ad emozionarmi di nuovo. O a sorprendermi. O...chissà.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Giohttp://www.blogger.com/profile/09814346131767727490noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-5956095861693450265.post-69389586335390677452017-04-09T09:55:00.001+02:002017-05-12T16:42:09.262+02:00DA DOVE COMINCIARE<div style="background: white; margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="color: #454545;">Pianificare
un trasferimento a diecimila chilometri di distanza in una città che non si
conosce affatto non è uno scherzo. </span><span style="color: #454545;">È come un enorme salto nel
buio in cui non sei in grado di calcolare nessuna variabile né come arriverai
quando toccherai terra. </span></span><span style="color: #454545; font-family: inherit;">E fino ad ora mi sono
limitata solo alla scelta della scuola per le mie figlie. Figurarsi il resto.
Le altre 425 variabili che possono subentrare non le conto neanche, perché altrimenti
mi viene un attacco di panico.</span></div>
<div style="background: white; margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="color: #454545;">Mi
chiedo: perché quando sono partita per la Cina non ero così in ansia? O meglio,
ero MOLTO in ansia ma per motivi completamente diversi.</span><span style="color: #454545;"><o:p></o:p></span></span></div>
<div id="yui_3_16_0_ym19_1_1491722969901_2236" style="-webkit-padding-start: 0px; background: white; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span id="yui_3_16_0_ym19_1_1491722969901_2235" style="-webkit-padding-start: 0px;"><span style="color: #454545;">Era l'espatrio in se' a
spaventarmi e non i problemi logistici. Non a caso, quelli li avevo
completamente delegati a terze persone oppure me li ero ritrovati come problemi
una volta arrivata in Cina. </span></span></span><br />
<a name='more'></a><span style="font-family: inherit;"><span style="color: #454545;"><o:p></o:p></span></span></div>
<div style="-webkit-padding-start: 0px; background: white; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="-webkit-padding-start: 0px;"><span style="color: #454545;">Qui - mi sono detta - voglio
arrivare più preparata: la scuola, la casa, la lingua, voglio che tutto sia
sotto controllo.</span></span><span style="color: #454545;"><o:p></o:p></span></span></div>
<div style="-webkit-padding-start: 0px; background: white; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="-webkit-padding-start: 0px;"><span style="color: #454545;">SOTTO CONTROLLO. </span></span><span style="color: #454545;"><o:p></o:p></span></span></div>
<div style="-webkit-padding-start: 0px; background: white; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="-webkit-padding-start: 0px;"><span style="color: #454545;">Che bella parola. </span></span><span style="color: #454545;">Ma che illusione! </span></span></div>
<div style="-webkit-padding-start: 0px; background: white; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="-webkit-padding-start: 0px;"><span style="color: #454545;">Intanto perché gli strumenti
per informarsi oggigiorno (internet in primis) sono un'arma a doppio taglio. Si
trova tutto e il contrario di tutto, quindi in definitiva non servono a un
tubazzo, o almeno non a formarsi un'opinione. </span></span><span style="color: #454545;"><o:p></o:p></span></span></div>
<div style="-webkit-padding-start: 0px; background: white; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="-webkit-padding-start: 0px;"><span style="color: #454545;">Intendo: se cerco scuole
internazionali, internet mi offrirà una lista e certamente dei commenti
ma non necessariamente un giudizio che possa valere per me. A meno che chi
formula quel giudizio sia una persona che conosco. Ma anche in quel caso, non
ne sarei così sicura. </span></span><span style="color: #454545;"><o:p></o:p></span></span></div>
<div style="-webkit-padding-start: 0px; background: white; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="-webkit-padding-start: 0px;"><span style="color: #454545;">Le mie più care amiche a
Shanghai avevano a grandi linee il mio stesso modo di pensare sotto moltissimi
aspetti ma in fatto di scuole abbiamo fatto tutte scelte completamente diverse.</span></span><span style="color: #454545;"><o:p></o:p></span></span></div>
<div style="-webkit-padding-start: 0px; background: white; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="-webkit-padding-start: 0px;"><span style="color: #454545;">E quindi eccomi qui. <i>Lost in space</i> tra le Scuole
Internazionali di Città del Messico. Il dilemma è: come scegliere? O meglio,
come selezionare quelle cui chiedere un appuntamento per un test dopo il quale <i>forse</i>, a seguito di attenta analisi e
solo se le tue figlie sono A) piccoli geni B) spigliate e brillantissime C) con
un curriculum da paura, potranno avere una chance di ingresso? </span></span><span style="color: #454545;"><o:p></o:p></span></span></div>
<div style="-webkit-padding-start: 0px; background: white; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="background: white; margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="color: #454545;">POSIZIONE:
variabile essenziale. Esclusi almeno due dei quattro punti cardinali, nessun
problema: mi rimangono solo una cinquantina di scuole da selezionare. </span><span style="color: #454545;"><o:p></o:p></span></span></div>
<div style="-webkit-padding-start: 0px; background: white; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="background: white; margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="color: #454545;">RETTA:
tasto dolente, specie se hai un budget che non è un granché. Perché ovviamente
la scuola che ti piacerà di più sarà la più cara in assoluto ma te ne
accorgerai dopo almeno una settimana che ci hai fantasticato su.</span><span style="color: #454545;"><o:p></o:p></span></span></div>
<div id="yui_3_16_0_ym19_1_1491722969901_2278" style="-webkit-padding-start: 0px; background: white; margin: 0cm 0cm 0.0001pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="background: white; margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: #454545;"><span style="font-family: inherit;">SITO:
per esperienza, il sito internet è estremamente fuorviante là dove un sito figo
non significa necessariamente una scuola buona. Ammetto però che un sito
sciatto, o non aggiornato o senza la doppia lingua (ci credereste? Almeno
cinque scuole selezionate non avevano l'opzione lingua inglese pur
descrivendosi come bilingue) mi attira di meno. Così alla cieca è ancora una
volta difficile formarsi un’opinione: il sito fa ca…re perché si curano dei
bambini più di quanto non si curino dell’immagine? E’ segno di sostanza anziché
di forma? O di cattivo management? Ma poi ci frega davvero qualcosa del management o più di avere buoni insegnanti? Se guardiamo in management delle scuole pubbliche italiane c'è da spararsi ma non per questo le insegnanti sono incapaci. Magari frustrate, ma questo è un altro discorso.<o:p></o:p></span></span></div>
<div style="background: white; margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="background: white; margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: #454545;"><span style="font-family: inherit;">MESSICO:
si perché io messicani vi ho già capiti. Non vi conosco ancora ma vi ho capiti.
Ho capito che se i cinesi dicevano di si quando intendevano no perché non
volevano indispettirti, voi invece non rispondete proprio e prendete le cose
con tutta la calma del caso. Impiegate 10 giorni e tre invii della stessa mail
per farvi vivi e non date nemmeno una risposta soddisfacente, perché forse la
vita va presa così e anche se c’è chi scioccamente pensa di voler tenere tutto
sotto controllo a diecimila chilometri di distanza, voi gli insegnate già, con
la vostra flemma da bonzi, che questa
cosa è praticamente impossibile ma che forse va bene così.<o:p></o:p></span></span><br />
<span style="color: #454545;"><span style="font-family: inherit;"><br /></span></span></div>
<div style="background: white; margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: #454545;"><span style="font-family: inherit;">Sospetto
che Speedy Gonzales fosse l’unico messicano ad avere l’ulcera.</span></span><span style="color: #454545; font-family: "segoe ui" , "sans-serif"; font-size: 13.0pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="background: white; margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: justify;">
<span style="color: #454545; font-family: "segoe ui" , sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><br /></span></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-qyhHWgiIxRM/WOnoE9ZfNCI/AAAAAAAABxk/Hl_87_7gRx8MoF9ZruMnPS2OnWSo4Ak7QCLcB/s1600/Speedy-Gonzales.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="356" src="https://3.bp.blogspot.com/-qyhHWgiIxRM/WOnoE9ZfNCI/AAAAAAAABxk/Hl_87_7gRx8MoF9ZruMnPS2OnWSo4Ak7QCLcB/s640/Speedy-Gonzales.jpg" width="640" /></a></div>
Giohttp://www.blogger.com/profile/09814346131767727490noreply@blogger.com0