Dopo un mese dall'ultimo post e a
due mesi dalla ormai imminente partenza per il Messico, ecco quanto ho
imparato di nuovo.
-Innanzitutto da quelle parti non
è necessario fare tutto e subito. Le cose si possono fare anche domani o tra
una settimana o, se non è proprio indispensabile, tra una decina di giorni.
Perché, si sa, la fretta è cattiva consigliera e chi va forte va alla morte.
-Ho poi scoperto che non troverò
mai due persone che hanno lo stesso giudizio su Città del Messico. C'è chi dice
che è fantastica e chi assicura che è terribile. Chi si muover solo in un
blindato e chi prende a cuor leggero la metropolitana. Chi mi parla di gente
che uccide per l'acqua potabile e chi di "riccanza" che per non
restare imbottigliato nel traffico opta per l'elicottero.
La verità? Se non mi
rubano il blindato ve lo dirò tra pochi mesi.
-Organizzare un trasloco in
Messico a quanto pare è difficilissimo ma ancor di più pare sia prevedere la
tempistica di una consegna via nave. Su tre compagnie interpellate per avere un
preventivo, una ha detto che ci vogliono trenta giorni, una più di due mesi e
l'ultima circa sei settimane. Quindi, basandomi sulla certezza che tutti
volessero essere ottimisti, probabilmente per la fine di ottobre potrò godermi
i miei divani nella casa nuova.
-Quando stai per traslocare
avviene uno strano fenomeno in cui le sfighe si accumulano una dietro l'altra,
tipo le piaghe d'Egitto. Dalla tapparella che si disintegra alle figlie coi
pidocchi, dalla raccomandata con sanzioni salatissime per una dichiarazione dei
redditi del 15-18 non evasa correttamente, al lavandino che ti allaga mezza
casa, per concludere con la cisti al ginocchio. Sono forse segnali? Non so, ma
provo a fingere che va tutto bene.
-Quando mi chiedono dove ci
stiamo per trasferire, alla parola MESSICO si abbina subito un'espressione di
invidia e un sorrisone a tutti denti che poi, non appena aggiungo CITTA'
DEL, si trasforma in uno sguardo a metà tra il compatimento e il biasimo.
Questo mi suscita - guarda un po'
- un sentimento di compatimento e biasimo. Perché magari sto facendo io una
cavolata, ma c'è anche il caso che la cavolata la stia facendo chi giudica,
senza sapere.
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