martedì 5 dicembre 2017

C'AVEVA RAGIONE NADA (sottotitolo: ma che freddo fa)

Quando ero bambina avevo (ed ho tutt'ora, in mano alle mie figlie) un bellissimo libro illustrato che si chiamava “C’era una volta” e raccontava di maghi, avventure e personaggi bizzarri. Una delle mie storie preferite si intitolava Un anellino da niente e raccontava di un certo Soldino che per via della sua generosità aveva in regalo dalla classica vecchiaccia che in realtà era una maga un anellino magico in grado di esaudire tutti i desideri. Soldino, che era un po’ un pistola, ad un certo punto della storia si sposava con una ragazza che, scoperte le virtù dell’anellino, se ne impossessava a tradimento e spediva Soldino in cima a una montagna. Con l’aiuto dei suoi fidi animaletti però, Soldino riusciva a recuperare l’anello e a rendere la pariglia alla moglie, mandandola con tutta la casa prima nella foresta più selvaggia, poi in Cina, per poi farla tornare indietro. 
La parte divertente della storia era che ad ogni spostamento la ragazza e il padre di lei si attrezzavano a seconda di dove Soldino li spediva, ma di fatto erano sempre fuori posto. Dopo aver realizzato di essere nella foresta il padre usciva vestito come un cacciatore ma si rendeva conto di essere in Cina, allora la ragazza si vestiva da cinesina per ritrovarsi di nuovo a casa propria, con tutti i conoscenti che la guardavano straniti nel suo qipao e cappellino di paglia. Insomma, l’essere costantemente fuori luogo era la punizione più grande, che lasciava Soldino soddisfatto della sua vendetta.
Tutto questo per dire che ultimamente la meteorologia messicana mi fa sentire esattamente come la moglie di Soldino. E, si badi bene, non perché stia succedendo qualche cosa di imprevisto, ma perché il tempo a Città del Messico è un casino.
Intanto a chi pensasse all'equazione Messico uguale caldo, dico che si sbaglia di grosso. Questa città ha una combinazione assurda tra altitudine e latitudine, che potremmo tradurre così: è come essere sulla Grigna con il sole del Sudan. E di per se’ questo clima non sarebbe neanche male considerando che le giornate sono sempre serene e molto spesso c’è un bel cielo blu.
Il problema è che con questa escursione termica é necessario vestirsi A STRATI e io odio, ma davvero detesto nel profondo, vestirmi a strati perché richiede uno sforzo doppio: non devo solo rendermi presentabile per lo strato caldo, ma mi tocca farlo anche per quello freddo. Qui azzardo a dire che esiste anche uno strato intermedio, che ovviamente richiede la sua dignità.
Il risultato è che se esci con t-shirt, maglioncino e giacchetta leggera alle 9 del mattino sicuramente geli, hai grosso modo un inter-regno di mezz'ora in cui stai bene e poi cominci a sudare, sputtanando inesorabilmente con la pezzatura ascellare l’opzione caldo. 
La temperatura diurna massima, attualmente, si aggira intorno ai 22 gradi mentre la minima raggiunge anche i 5 gradi.
Non lamentarti, direte voi, non sembra così male: tanto alla peggio se hai freddo torni a casa. 
E qui sta il maggiore problema di Città del Messico che, ricordiamolo, si trova a circa 2300 metri sul livello del mare: in casa non esiste il riscaldamento e, giusto per fare un esempio a caso, il mio appartamento ha dei serramenti di carta velina, che mi ricordano tantissimo e con pochissima nostalgia quelli che avevo in Cina (e lì davvero li avevano tutti come i miei).
La vetrocamera, questa sconosciuta.
Il doppio vetro, non pervenuto.
Insomma, se quando hai 9 gradi in casa un buon serramento potrebbe aiutare, ai Messicani evidentemente piace svegliarsi con la rugiada che riveste il lato interno della finestra.
Mi sono prontamente dotata di radiatore elettrico che però ha diversi effetti collaterali: intanto è piccolo, per cui è concepito come ausilio al riscaldamento esistente, che per l’appunto qui non abbiamo. Quindi il poveraccio pompa a bomba fino ad avere la lingua a penzoloni (lui) e una bolletta importante (noi). 
Inoltre, il radiatore elettrico crea una secchezza delle fauci micidiale che a sua volta impone un’incremento nell'uso (e  cambio) del boccione dell’acqua, operazione che come ho già avuto modo di spiegare non è proprio uno scherzo. Infine, questo tipo di riscaldamento è quasi peggio di non averlo affatto perché appena ci si muove dalla zona di confort, da quel piccolo microclima tiepido che si è finalmente creato, per andare in un'altra stanza si viene colpiti da uno shock termico che vanifica tutto il benessere accumulato.
E non sto a parlarvi di quando si fa la doccia e poi si esce dal bagno tutto caldino di vapore, per ritrovarsi nei ghiacci delle altre stanze. Un trauma.
Ultimamente ero talmente disperata che mi sono messa a fare andare la asciugatrice praticamente a vuoto solo per riscaldare un po’ gli ambienti. 
Giornalmente cerco di convincermi che l'assenza di riscaldamento, così come del resto di aria condizionata, sia un fatto positivo: meno inquinamento, in una città che di inquinamento ne ha già abbastanza, meno sbalzi termici e più equilibrio corporeo.
Poi però in quelle mattine  in cui alle undici ci sono ancora 10 gradi in casa, i  piedi ricordano le platesse Findus e io mi ritrovo con la copertina sulle gambe come i vecchietti, il mio spirito ecologico va a catafottere e vorrei solo avere in mano un termostato per pomparlo a 28 gradi. Ho letto che la filosofia dei chilangos (gli abitanti di Città del Messico) è questa: non riscaldare la casa, ma riscalda il corpo. 
E allora ricordatemi così: un taco imbottito, una mega lasagna a strati, un omino Michelin in versione femminile, che tenta di convincersi di quanto sia zen battere i denti in Messico.

1 commento:

  1. E pensare che ieri mi lamentavo perché nella casa di campagna c'erano " solo " 17,5°!!

    RispondiElimina



Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...