mercoledì 21 febbraio 2018

RUMORI

Una cosa che accomuna Città del Messico e Shanghai è il fatto che in entrambe queste metropoli la gente vive moltissimo la strada, diversamente da noi italiani, per esempio, che nelle grandi città (o almeno a Milano) difficilmente abbiamo luoghi di aggregazione all'aperto spontanei, a meno di essere spacciatori di crack. 
Qui invece, esattamente come in Cina, la vita si svolge molto all'aperto e non tanto per il caldo (dato che - come ho avuto modo di ribadire ampiamente - NON fa sempre caldo) ma piuttosto perché è un fatto di costume, nato anche perché per tanta gente la propria casa non è un luogo particolarmente accogliente, quindi ci si incontra in giro, si mangia fuori, si chiacchiera seduti sulle panchine, si portano i bambini a passeggio.  
Per questo motivo le strade sono molto vive e, di conseguenza, molto rumorose. E i rumori, ho scoperto gradualmente, sono anch'essi estremamente diversi da quelli cui ero abituata in Italia: alcuni sono innocui, altri piacevoli, altri ancora sono invece fastidiosissimi.
La maggior parte dei rumori di strada è causata dagli ambulanti che affollano non solo le vie del centro storico, ma un po’ tutti i quartieri, inclusi quelli un po’ fighetti come il mio. Gli ambulanti cercano ovviamente di vendere qualcosa e per farlo devono attirare l’attenzione.
Ci sono quelli più discreti, come ad esempio l’omino dei gelati, che generalmente si posiziona tranquillamente ai lati di slarghi e piazzette e suona un garbato campanellino. Il gelato fa un po’ cagare e ha un colore sintetico, ma l’heladero – così si chiama - fa simpatia, probabilmente perché rispetto ad altri ambulanti non è molto rumoroso.
Sempre nella categoria dei “sobri ma non troppo” rientra l‘arrotino, che se da noi urla ai quattro venti di essere arrivato e di fare anche l’ombrellaio, qui in Messico si chiama affilador e gira con una bicicletta scalcagnata e in tasca l’arma segreta. Un odioso flautino (tipo flauto di pan) con cui allieta il prossimo, richiamando l’attenzione della gente. E, se la prima volta che lo senti (o lo vedi) ti senti molto turista in vacanza che ha scoperto una cosa pittoresca e sorridi benevolo, alla centesima in cui ti colpisce con il suo sibilo, vorresti solo uscire di casa con tutti i coltelli che hai, ma non per farglieli affilare.
Appena un gradino sopra si posiziona il merenguero, ovvero il venditore di paste, quel genere di dolci, per intendersi, che alzano il colesterolo solo a guardarli da lontano. Costui vende essenzialmente due cose: dei cannoli, ovviamente fritti, ripieni di panna rosa e bianca, del diametro del braccio di mia figlia e degli sfilatini di meringhe, sempre rosa, un poco più grandi. Per farsi notare ovviamente urla a squarciagola, con un'inflessione della voce tutta particolare (merengeeeeeeeeeeeees) né più né meno dell’omino del cocco fresco in spiaggia, solo che qui hanno tutti un timbro di voce che spacca i timpani, credo per via degli zuccheri nel sangue.
Nella categoria degli urloni rientra anche l’uomo del gas: passa con cadenza settimanale dalle mie parti, su un camion pieno di bombole (la sicurezza innanzitutto) e appollaiato sul retro comincia ad ululare alla luna le sue parole magiche: el gas, el gas
Che poi uno che vende il gas non è che possa urlare molto altro.
Arriviamo così al podio: al terzo posto metterei l’uomo con l’organetto. Questa figura si trova per lo più in centro o di fronte a ristoranti molto frequentati. E aggiungerei grazie al cielo, perché se mi trovassi l’organillero sotto casa potrei avere un esaurimento nervoso. Se già in partenza il suono dell’organetto è fastidioso, suonato da costoro diventa un’agonia insopportabile: l’organetto si gira con la manovella, quindi già di per se’ non c’è nessun tipo di valore aggiunto da parte di chi lo movimenta. Se poi l’omino la manovella la gira svogliatamente, il risultato è una nenia da suicidio. 
O omicidio, a seconda del proprio livello di aggressività.
Al secondo posto si posiziona il robivecchi, quello che compra tutto (a due lire, suppongo) e che a me ricorda l’infanzia, perché anche in Italia esiste, almeno nei piccoli centri, qualcosa di molto simile. Non sto a rimarcare che però il robivecchi messicano rompe i maroni molto di più, perché la voce registrata è una litania indescrivibile. Giuro, non voglio fare la vittima, ma non si può sentire. Così, in un loop continuo,  una voce registrata, femminile e molto nasale, urla ai quattro venti il seguente testo:
SE COMPRAAAAN COLCHONEEEES, XXXXXX (suvvia, non capisco proprio tutto), REFRIGERADOREEEES, ESTUFAAAAS, LAVADORAAAAAS, MICROONDAAAAS, O ALGO DE FIERRO VIEJO QUE VENDAAAAAAAAAAN!!!!!  E via da capo. Cosicché l'unica speranza è che il camioncino si sposti dal tuo raggio uditivo nel minor tempo possibile.

Ma al top del top c’è LUI, la figura che ho impiegato mesi ad individuare perché per qualche strano motivo sentivo solo da casa oppure vedevo solo quando non era in attività. 
Lui, il famigerato camotero.
Il camotero è un ambulante che, su un carrettino sfigatissimo simile ad una specie di forno, cucina al vapore essenzialmente due cose: camotes e platanos, ovvero patate dolci e banane. La cottura avviene dentro una vaporiera dotata di un cassetto frontale, che viene aperto all'arrivo del cliente. Il camotero prende la patata dolce, la apre e ci versa sopra mezzo barattolo di lechera, una specie di latte condensato un po’ più liquido, come se poi le patate non fossero abbastanza dolci da sole.
D'altra parte THAT'S MEXICO: nulla è mai abbastanza dolce!!
La furbata in questo caso è che il camotero sfrutta il vapore che si accumula in cottura per scaricarlo tramite una specie di piccolo camino metallico producendo al tempo stesso il suono che dovrebbe fare da attrattiva o quanto meno da avviso. Sono qui, sto producendo un suono che romperebbe i cogli…timpani ad un sordo quindi forza!!!! Fatevi una patata dolce affogata nel condensato, casomai non vi fossero bastate le paste del merenguero!!!
Il suono è una via di mezzo tra la locomotiva in partenza, le unghie sulla lavagna, il tavolo con le gambe di metallo che struscia sul pavimento di marmo e un acufene di proporzioni bibliche.
E se non mi credete, aprite QUI e alzate il volume al massimo.

2 commenti:

  1. Il folklore va bene,ma..c'è un limite effettivamente! Forse ci si abitua a tutto anche...ai terremoti! Cora

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  2. ... tutto sommato meno male che siete ripartiti, diversamente non potrei sganasciarmi dalle risate come faccio ogni volta che ti leggo!
    Noto che hai lisciato i capelli per l'occasione ;-)

    RispondiElimina



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