Una cosa che accomuna Città del Messico e Shanghai è il fatto che in entrambe
queste metropoli la gente vive moltissimo la strada, diversamente da noi
italiani, per esempio, che nelle grandi città (o almeno a Milano) difficilmente
abbiamo luoghi di aggregazione all'aperto spontanei, a meno di essere
spacciatori di crack.
Qui invece, esattamente come in Cina, la vita si svolge
molto all'aperto e non tanto per il caldo (dato che - come ho avuto modo di
ribadire ampiamente - NON fa sempre caldo) ma piuttosto perché è un fatto di
costume, nato anche perché per tanta gente la propria casa non è un
luogo particolarmente accogliente, quindi ci si incontra in giro, si mangia
fuori, si chiacchiera seduti sulle panchine, si portano i bambini a
passeggio.
Per questo motivo le strade
sono molto vive e, di conseguenza, molto rumorose. E i rumori, ho scoperto
gradualmente, sono anch'essi estremamente diversi da quelli cui ero abituata
in Italia: alcuni sono innocui, altri piacevoli, altri ancora sono invece
fastidiosissimi.
La maggior parte dei rumori di strada è causata dagli ambulanti che
affollano non solo le vie del centro storico, ma un po’ tutti i quartieri, inclusi quelli un po’ fighetti come il mio. Gli ambulanti cercano ovviamente di
vendere qualcosa e per farlo devono attirare l’attenzione.
Ci sono quelli più discreti, come ad esempio l’omino dei gelati, che
generalmente si posiziona tranquillamente ai lati di slarghi e piazzette e
suona un garbato campanellino. Il gelato fa un po’ cagare e ha un colore
sintetico, ma l’heladero – così si
chiama - fa simpatia, probabilmente perché rispetto ad altri ambulanti non è
molto rumoroso.
Sempre nella categoria dei “sobri ma non troppo” rientra l‘arrotino, che se
da noi urla ai quattro venti di essere arrivato e di fare anche l’ombrellaio,
qui in Messico si chiama affilador e
gira con una bicicletta scalcagnata e in tasca l’arma segreta. Un odioso
flautino (tipo flauto di pan) con cui allieta il prossimo, richiamando
l’attenzione della gente. E, se la prima volta che lo senti (o lo vedi) ti
senti molto turista in vacanza che ha scoperto una cosa pittoresca e sorridi
benevolo, alla centesima in cui ti colpisce con il suo sibilo, vorresti solo uscire di casa con tutti i coltelli che hai, ma non per farglieli affilare.
Appena un gradino sopra si posiziona il merenguero, ovvero il venditore di paste, quel genere di dolci, per
intendersi, che alzano il colesterolo solo a guardarli da lontano. Costui vende
essenzialmente due cose: dei cannoli, ovviamente fritti, ripieni di panna rosa e bianca, del diametro del
braccio di mia figlia e degli sfilatini di meringhe, sempre rosa, un poco più
grandi. Per farsi notare ovviamente urla a squarciagola, con un'inflessione
della voce tutta particolare (merengeeeeeeeeeeeees)
né più né meno dell’omino del cocco fresco in spiaggia, solo che qui hanno
tutti un timbro di voce che spacca i timpani, credo per via degli zuccheri nel sangue.
Nella categoria degli urloni rientra anche l’uomo del gas: passa con
cadenza settimanale dalle mie parti, su un camion pieno di bombole (la
sicurezza innanzitutto) e appollaiato sul retro comincia ad ululare alla luna
le sue parole magiche: el gas, el gas.
Che poi uno che vende il gas non è che possa urlare molto altro.
Arriviamo così al podio: al terzo posto metterei l’uomo con l’organetto.
Questa figura si trova per lo più in centro o di fronte a ristoranti molto
frequentati. E aggiungerei grazie al cielo, perché se mi trovassi l’organillero sotto casa potrei avere un
esaurimento nervoso. Se già in partenza il suono dell’organetto è fastidioso,
suonato da costoro diventa un’agonia insopportabile: l’organetto si gira con la
manovella, quindi già di per se’ non c’è nessun tipo di valore aggiunto da
parte di chi lo movimenta. Se poi l’omino la manovella la gira svogliatamente,
il risultato è una nenia da suicidio.
O omicidio, a seconda del proprio livello
di aggressività.
Al secondo posto si posiziona il robivecchi, quello che compra tutto (a due
lire, suppongo) e che a me ricorda l’infanzia, perché anche in Italia esiste,
almeno nei piccoli centri, qualcosa di molto simile. Non sto a rimarcare che
però il robivecchi messicano rompe i maroni molto di più, perché la voce
registrata è una litania indescrivibile. Giuro, non voglio fare la vittima, ma
non si può sentire. Così, in un loop continuo, una voce registrata, femminile e molto nasale,
urla ai quattro venti il seguente testo:
SE COMPRAAAAN COLCHONEEEES, XXXXXX (suvvia, non capisco proprio tutto),
REFRIGERADOREEEES, ESTUFAAAAS, LAVADORAAAAAS, MICROONDAAAAS, O ALGO DE FIERRO
VIEJO QUE VENDAAAAAAAAAAN!!!!! E via da
capo. Cosicché l'unica speranza è che il camioncino si sposti dal tuo raggio
uditivo nel minor tempo possibile.
Ma al top del top c’è LUI, la figura che ho impiegato mesi ad individuare
perché per qualche strano motivo sentivo solo da casa oppure vedevo solo quando non era in attività.
Lui, il famigerato camotero.
Il camotero è un ambulante che, su un carrettino sfigatissimo simile
ad una specie di forno, cucina al vapore essenzialmente due cose: camotes e platanos, ovvero patate dolci e banane. La cottura avviene dentro una
vaporiera dotata di un cassetto frontale, che viene aperto all'arrivo del
cliente. Il camotero prende la patata dolce, la apre e ci versa sopra mezzo
barattolo di lechera, una specie di
latte condensato un po’ più liquido, come se poi le patate non fossero
abbastanza dolci da sole.
D'altra parte THAT'S MEXICO: nulla è mai abbastanza dolce!!
La furbata in questo caso è che il camotero sfrutta il vapore che si accumula
in cottura per scaricarlo tramite una specie di piccolo camino metallico
producendo al tempo stesso il suono che dovrebbe fare da attrattiva o quanto
meno da avviso. Sono qui, sto producendo
un suono che romperebbe i cogli…timpani ad un sordo quindi forza!!!! Fatevi una
patata dolce affogata nel condensato, casomai non vi fossero bastate le paste
del merenguero!!!
Il suono è una via di mezzo tra la locomotiva in partenza, le unghie sulla
lavagna, il tavolo con le gambe di metallo che struscia sul pavimento di marmo
e un acufene di proporzioni bibliche.
E se non mi credete, aprite QUI e alzate il volume al massimo.
Il folklore va bene,ma..c'è un limite effettivamente! Forse ci si abitua a tutto anche...ai terremoti! Cora
RispondiElimina... tutto sommato meno male che siete ripartiti, diversamente non potrei sganasciarmi dalle risate come faccio ogni volta che ti leggo!
RispondiEliminaNoto che hai lisciato i capelli per l'occasione ;-)