mercoledì 23 agosto 2017

PRATICAMENTE VADO AL CEPU

La cosa fondamentale quando si espatria è a mio parere quella di essere in grado di comunicare. Ora, in Cina questa cosa è sempre stata un grosso problema per ovvi motivi: il mandarino è difficilissimo e comporta un impegno intensivo e costante per arrivare a risultati minimi e pure sindacabili. Ora invece sento che è arrivato il tempo della rivalsa, perché -che diamine- parliamo dello spagnolo. Se pò fa.
Ho dunque cominciato, una settimana dopo essere arrivata a Città del Messico, a cercare come una pazza su Internet quale potesse essere la migliore opzione. Mi sono subito resa conto che qui il problema non è tanto la scuola, quanto il tempo necessario per arrivarci. Che sia con il taxi o con Uber o a dorso di mulo, la città mi è tentacolare e parecchio incasinata, quindi un paio d’ore di lezione possono tranquillamente diventare quattro se è l’ora di punta e devi andare e tornare.
E qui è scattato il colpo di culo inaspettato.

Primo giorno di scuola delle figlie, scendiamo in strada per aspettare lo scuolabus e incontriamo i nostri vicini del piano terra, (la casa è una piccola palazzina di due piani, con sei appartamenti, noi siamo al secondo e loro appunto al terreno), mamma, bimba e bimbo, chiaramente giapponesi, con cui scattano brevi presentazioni e gran sorrisi. Un paio d’ore dopo, tornando dalla spesa, incontro di nuovo sotto casa la sciura, mentre fa razzolare il suo Jack Russel di nome Gigi (alla francese, Jiji) e in breve mi punge vaghezza che non sia proprio giapponese: apprendo infatti in breve che - nipponica solo di origine - in realtà è brasiliana e si chiama Elisa.
Mostrando di avere poco o nulla della tipica timidezza dei giapponesi, cominciamo a parlare e nel giro di 5 minuti mi propone di andare con lei l’indomani a vedere una scuola di spagnolo a 200 metri da casa. Accetto anche se con un certo scetticismo (tra l'altro vi assicuro che una conversazione in pseudo-spagnolo imbarbarito da italiano e portoghese è un miscuglio immondo, pari forse solo al mango con la salsa chili) poi però vado a casa e mi informo meglio. Scopro che in effetti è un centro per l’apprendimento dello spagnolo per stranieri che deriva dalla Universidad Autonoma de Mexico, ha l’aria molto seria, costa poco, è dietro l’angolo e ha gli orari perfetti per le mie esigenze: due volte a settimana, due ore e mezzo ogni giorno, per sei mesi. E come se non bastasse, proprio l’indomani è il giorno utile per iscriversi alla sessione che mi interessa. Bingo!
A voler essere pignoli l’unica seccatura è che l’acronimo della scuola è CEPE, che fa molto Cepu. E così mi viene in mente Bobo Vieri che con aria bovina sponsorizzava i due anni in uno. Rabbrividisco ma cerco di rimuovere l'associazione. 
L’indomani, busso alla porta di Elisa e andiamo alla ventura. Ci troviamo in un interno abbastanza spartano, che rapidamente si riempie di donne di tutte le età, colori e provenienze - ancora una volta un sacco di giapponesi, che si rivolgono per l’appunto in giapponese ad Elisa, la quale si barcamena a fatica dribblandole come Pelé - e una per una veniamo indirizzate in diverse aule per la prova orale, seguita dal test scritto. Nella prova orale sudo copiosamente, un po’ perché è tanto che non faccio un esame, un po’ perché parlare senza saper parlare mi fa una fatica enorme. 
La maestra è gentile, sta sul generico chiedendomi la ravas y la favas finché non pare soddisfatta. Mi dice che sono a metà tra due livelli e che sarà il test scritto ad essere decisivo. Cambio aula e passo in una piena di donne volenterose. Mi viene dato un test da trenta domande in cui mi barcameno abbastanza bene. Peggio va invece nella composizione libera in cui devo esprimere in almeno sessanta parole cosa fa l'omino illustrato nei disegni. Scattano così una serie di voli pindarici là dove, non sapendo come dire che il signor Santiago si alza dal suo letto, scrivo che è mattina e invece che arrovellarmi sulla parola colazione scrivo che mangia uova fritte e beve latte, così macino pure vocaboli in più. 
Perché mica é facile arrivare a sessanta parole quando il tuo vocabolario non supera le cinquanta.
Comunque alla fine consegno e con mia grande sorpresa la maestra mi assegna al livello Basico 2. Mica il Basico 1, come un Vieri qualsiasi! Sprizzo felicità da tutti i pori, anche se la maestra mi mette rapidamente in guardia: con ogni probabilità sarò la più schiappa della classe, ma siccome sono italiana (ed estremamente brillante, aggiungo) ce la posso fare. 
Alla fine, Elisa ed io torniamo a casa come due scolarette orgogliose, doppiamente felici perché saremo in classe insieme. E prima di salutarci, mi lascia in regalo un sacchetto con le vecchie divise dei figli, che l'anno scorso erano alla scuola delle mie, e insieme un sacchetto di cioccolatini brasiliani. E io già la adoro.

8 commenti:

  1. Grande, grandissima Giò!!
    ¡Que viva!

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  2. Cara! non hai perso il tuo smalto. Continua cosi che vai alla grande ! Cora forever

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  3. Siempre es un placer leer sus publicaciones... e le tue illustrazioni poi... meravigliose ! ! !

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    1. Hola Nads! Finalmente ci sei anche tu! Tutto come una volta quindi!! 😜

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  4. Ciao cara sempre bello leggerti

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