martedì 29 agosto 2017

PRIME POLAROID

Faccio un po' fatica a dare un ordine logico alle cose che vedo o che scopro, qui in Messico. Il termine inglese overwhelmed esprime bene come mi sento: una specie di onda fatta di tanti stimoli nuovi non sempre facili da gestire. E in mezzo c'è pur sempre una quotidianità che sta cominciando a diventare routine: sveglia, colazione, attesa chilometrica del bus della scuola davanti al portone, sistemazione casa, sguardo desolato all'appartamento vuoto e ai tristi mobili a noleggio, spesa, impegni vari, rientro da scuola delle bambine con conseguente attesa chilometrica del bus, compiti, altro sguardo tristo, birra consolatoria, rientro consorte, cena e via così.
In mezzo, le prime gite in giro per la città - che alterna zone inavvicinabili ad altre molto carine - e in parallelo tante cose nuove, talvolta ridicole o semplicemente diverse da ciò cui ero abituata. Ora, siccome non l'ha detto nessuno che deve esserci una logica in quel che racconto qui, vado ad elencare, come si dice in spagnolo, a cabezon de perro ciò che mi ha colpito ultimamente.
(Chi mi legge dai tempi del glutammato ricorderà che adoro gli elenchi, per chi non avesse avuto questa enorme fortuna: adoro gli elenchi)
In diverse aree gioco per bambini il cane deve aspettare fuori, non si possono portare cibo o bevande e non é possibile tantomeno entrare  con biciclette o monopattini. 
Però è pieno di charging point. Quindi magari ti fottono la bici, ti scappa il cane o il tuo bambino muore disidratato ma almeno lo puoi fotografare col tuo cellulare perfettamente carico.  

In Messico sono inaspettatamente avanti sotto molti punti di vista, ma non lo sono di sicuro sul concetto di ciò che è o non è salutare in termini alimentari. O meglio, se si limitassero al cibo messicano non ci sarebbe problema. Peccato che la contaminazione statunitense non sia roba da poco, così scopri che in farmacia vendono Coca-Cola, Sprite, succhi e Gatorade, insieme al loperamide e all'aspirina, mentre a scuola delle bambine gli studenti possono comprare liberamente nella caffetteria pacchi di marshmallows in confezione famiglia come alla Metro.

Nonostante il traffico folle e tentacolare, il pedone (almeno in teoria) è il re della strada.

Dopo un susseguirsi di entusiasmi gastronomici ho trovato la prima cosa che mi fa veramente schifo. La michelada, ovvero un mix di birra, salsa chili, limone, sale, succo di pomodoro e peperoncino. Io sono un'amante della birra, adoro il lime, mi piace pure il pomodoro condito, non disdegno il piccante in genere, ma non per questo desidero trovarmeli tutto insieme nel bicchiere. 
Onestamente, vomitevole.

Ho avuto una sventura con Uber. In due parole, ho pasticciato con l'account e sono stata cacciata fuori dal sistema senza scampo. Sono un pària di Uber, insomma. 
Dopo essermi disperata parecchio, tramite una pagina Facebook di stranieri in Messico ho scoperto che la concorrenza c'è ed è tanta. Così ho scelto Cabify, che invece mi ha accolto a braccia aperte, con mio grande sollievo sia perché ho scoperto che è più economica di Uber, sia perché se sono molto in ritardo c'ho pure l'opzione elicottero. 

Della serie: il mignon, questo sconosciuto, sappiate che l’abbinamento alla brioche nel formato messicano è tre cappuccini.

Non riesco ancora ad abituarmi al fatto che in Messico la gente spilucca sempre qualche snack, possibilmente piccanti all'inverosimile, e fin qui nulla di che. Solo che gli stuzzichini si chiamano botanas, quindi al bar e al ristorante essenzialmente ti danno tutti della botana, così per rompere il ghiaccio.

A questa città piace abbreviare tutto, così Città del Messico diventa CDMX. Nel mio quartiere, Polanco, vanno ancora oltre e abbreviano le strade: così calle Lope de Vega diventa LDV, calle Suderman è SDM e via così. Quindi molto spesso accanto ai numeri civici delle vie appaiono queste sigle non meglio imprecisate che più che aiutare ad orientarsi, ricordano un codice fiscale dell’Uzbekistan.

Ah comunque se volete scrivermi abito in TN719.
Grz a tt


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