mercoledì 13 settembre 2017

IL PIPPERO

Minimizzare il fatto che dopo poche settimane dal nostro arrivo in suolo messicano ci sia stato il terremoto più forte degli ultimi cento anni non è estattamente cosa facile, per quanto mi renda conto che farei meglio a non lamentarmi e ringraziare la mia buona stella perché dopo tutto non ci è successo nulla. Quando siamo stati qui in visita in aprile, l’argomento terremoto era stato abbondantemente affrontato con la nostra guida, la quale ci aveva rassicurato che dopo il sisma del 1985 molti edifici (tradotto: quelli che non si sono polverizzati) sono stati messi in sicurezza, mentre tutti quelli di nuova costruzione sono oggi antisismici. Esattamente, la signora si era espressa così: A Città del Messico c’è un sacco di corruzione, molto cose non funzionano, abbiamo tantissimi problemi ma una delle poche cose su cui non si scherza sono le certificazioni antisismiche degli edifici. Pur avendole sostanzialmente creduto, abbiamo preferito andare ad abitare in una palazzina di due piani piuttosto che in un grattacielo di trenta.
Se proprio devo essere sotterrata dalle macerie, che almeno siano poche.
Il pensiero di quanto io sia stata astuta non mi ha però sfiorata l’altra notte, quando – nel primissimo sonno – ho cominciato ad imprecare all'indirizzo della mia dolce metà, sicura che si stesse crogiolando in agitatissimi sogni. Quando lui, al mio ma la smetti di muoverti, ha risposto guarda che non sono io, nell'ordine: mi sono completamente svegliata, mi si è gelato il sangue, il letto ha ballato la samba, il pesce rosso della mia vicina ha tirato le cuoia (della serie: anche i pesci rossi nel loro piccolo hanno paura).
Il mio primo pensiero razionale invece é stato domandarmi chi me l'avesse fatto fare di trasferirmi in un paese così pieno di complicazioni, quando in fondo me ne stavo così bene in Città Studi a Milano, dove il massimo dell’emozione è il tram numero 23 che cambia nome e diventa 19.
La cosa più frustrante, a posteriori, è stato rendersi conto che di fronte al pericolo abbiamo avuto la reattività di due bradipi in slow motion e, come se non bastasse, abbiamo fatto tutte le cose che a quanto pare NON bisogna fare: accendere la luce/avvicinarsi alle finestre/scendere le scale. Se ho capito bene, finché la terra trema bisogna stare fermi, possibilmente in posizione fetale, vicino – ma non sotto – ad arredi ingombranti, come letti, divani e similia o, se si è più sgamati, posizionarsi in prossimità di travi o muri portanti.
Io vengo dalla Pianura Padana dove la terra trema soltanto quando la colf del mio vicino del piano di sopra (che pesa 90 chili per un metro e trenta) passa l’aspirapolvere con gli zoccoli del Dr. Scholl, dunque non ho cultura su quel che si debba fare in caso di sisma perché non lo insegnano a scuola, né negli uffici o nei luoghi pubblici. Fondamentalmente non serve. Qui invece si. Solo che ho avuto l’impressione che in Messico ci sia un po’ di confusione su come fare prevenzione. Insomma, è tutto un po’ aumma aumma e le teorie sul da farsi tendono a confondersi. Quel che è certo è che i Messicani con cui ho avuto a che fare io dopo la scossa hanno dimostrato un approccio estremamente easy, come accade a tutti coloro i quali hanno familiarità con qualcosa di disgraziato, che sia il terremoto, la guerra o la criminalità organizzata.
Chiedo lumi al mio portinaio? 
Ma si - mi dice - tu stai ferma, aspetti che passi e poi tutto torna come prima.
Le scuole chiudono il giorno dopo per verificare che non ci siano stati danni strutturali? 
E che cacchio - protestano le mamme sulla chat di classe - io c’ho il compleanno di Nico a scuola e ho pronta una torta a forma di Minion da cinque chili. Che faccio ora?
Non dicono, chessò, povero Chiapas, mannaggia che culo che ci è andata di lusso o bene che non è successo nulla. No, il problema è la TORTA. E il povero Nico senza la sua festa a scuola.
A riprova che di mamme deficienti è pieno il mondo.
Il migliore però è stato l’insegnante  di educazione fisica di Alice. Vedete bambini - spiega costui – se c’è un terremoto vi dovete mettere così, con le mani sopra la testa, così vi proteggete ben bene. E lei ci mostra come ha detto il maestro, con i pollici uniti e i palmi delle mani capovolte all'indietro, come una sorta di schermo magico, mentre a me viene in mente la canzone Il Pippero, di Elio e le Storie Tese quando recita "Ruotiamo le dita e uniamo le falangi!"

E il bello è che lei ci crede davvero. E - temo - anche il suo maestro di educazione fisica.

3 commenti:

  1. E' brutto ridere delle disgrazie altrui, ma il tuo pesciolino mi ha fatto sbellicare!!!! Cora

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  2. ... non sminuirei cosi tanto il nostro quartiere... Oltre al terremoto mediatico del 23 declassato a 19, abbiamo avuto anche qui i nostri bei fattacci di cronaca, come il Williams che dopo anni e anni di onorati Spritz e stuzzichini a Km 0, chiude i battenti... per debiti di gioco, si dice.

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