Quando si vive all'estero le classiche cose che a casa
propria sono più o meno di routine possono diventare abbastanza complicate se
non si colgono sin da subito le dinamiche locali. O in alcuni casi se si ha una
buona dose di sfiga, come è capitato a me con un tema capitale: trovare una
donna di servizio decente e, soprattutto, riuscire a mantenerla.
Grossomodo come in Cina, e scusate se continuo a
reiterare il paragone, la donna di servizio è un must tanto dei locali quanto
degli stranieri, perché costa poco, se paragonato all'Europa o
agli Stati Uniti. Una donna di servizio qui viene pagata tra i 50 e gli 80
pesos all'ora, ovvero dai due ai quattro euro. Per questo motivo molte
persone (benestanti) preferiscono quella che viene chiamata la muchacha de planta,
ovvero la donna fissa, che dorme in un suo piccolo stanzino e quindi è
disponibile tutta la settimana, in genere 6 giorni su 7. In alternativa esiste
la muchacha
entrada por salida, che lavora diverse ore al giorno per un numero di
giorni variabile.
Nel mio caso, un po’ perché non ho il famigerato
stanzino (il cosiddetto “cuarto de servicio” che nel giro case dell’anno scorso
sembrava essere la parte più essenziale di ogni appartamento) e un po’ perché
non amo avere gente intorno, opto per la seconda scelta, limitando le mie
necessità a due giorni a settimana. Mi informo e mi rendo conto che trovare una
persona di servizio è molto facile, mentre trovarne una raccomandata è ben più
difficile. Dove per raccomandata si intende onesta ma non
necessariamente brava o capace.
O, chessò, veloce.
Primo tentativo: arriva Karina (detta
Kari) signora molto silenziosa, a tratti truce, che lavora
abbastanza bene e che tengo un paio di mesi. Peccato che ai miei occhi Karina
ha due difetti: arriva al lavoro intorno alle 10:30 e un giorno su tre ha un
figlio malato/morente/infermo/senza scuola, cosicché i miei due efficacissimi
giorni alla settimana diventano sempre più spesso quattro miseri giorni al
mese. Inoltre ‘sta cosa che arrivi così tardi mi spazientisce: in Messico la
scuola inizia prestissimo quindi io alle 7:30 sono già operativa e volendo già
docciata, vestita e pimpante (si fa per dire). Dover stare in attesa della
muchacha per le successive tre ore, con il rischio che rimanga per casa ben
oltre il rientro delle mie figlie da scuola, con conseguente occupazione dei
principali spazi vitali suoi e nostri, l’ho ritenuta una cosa ingestibile.
Decido quindi di salutare Karina
dandole il benservito, con grandi proteste da parte sua.
Più o meno negli stessi giorni appare
alla mia porta Jennifer (detta Jen), inviatami dalla signora del
piano terra su raccomandazione della sua muchacha. Ed ecco che l’arrivo di Jen
mi sembra una visione. Perché mi dice che può arrivare alle 8:30,
chiede meno soldi e non ha figli.
Non posso credere alla mia fortuna,
che però dura pochissimo.
Jen ha la velocità nelle pulizie del
bradipo Flash, pulisce come mia figlia con le sue richieste, ovvero girandoci
intorno, e dulcis
in fundo mi chiede se può fare colazione a casa mia dal momento che
arriva così presto (che poi, vabbé presto…).
I più attenti ricorderanno che anche a
Shanghai ero stata folgorata dalla richiesta della donna di servizio, la mia
mitica ayi, di potersi fare la doccia dopo il lavoro. E se inizialmente la cosa
mi aveva turbato, in seguito avevo capito che era una richiesta abbastanza
comune dovuta al fatto che molta gente (povera) non ha la doccia in casa, se
non addirittura il bagno.
Ecco quindi che la richiesta della
colazione mi sembra una cosa molto ragionevole da parte sua tanto quanto
accettarla pare democratica e open-minded da
parte mia. La tipa lavora nei giorni in cui ho classe di spagnolo, quindi
la vedo al massimo una mezz'ora prima di uscire e a volte non la incrocio
neanche quando rientro. Mi rendo però conto che ogni volta il frigorifero è
praticamente saccheggiato: come minimo si fa fuori tre uova e almeno un quarto
di litro di latte, oltre ad insaccati o formaggi se ne trova. Una volta torno a
casa prima del previsto e la trovo in bagno, dal quale proviene rumore di
musica e in cui si trattiene almeno dieci minuti, mentre la cucina è un campo di
battaglia : padelle, frullatore e piatti sporchi in giro.
Mentre anche le mie palle frullano,
aspetto che esca dal bagno e intanto parlo con mia figlia, che ero andata a
prendere a scuola prima del tempo. Quella esce, rassetta alla bene e meglio e
se ne va senza neanche salutare. Al ché, frullatissima, le scrivo un messaggio
minatorio in cui la cazzio a dovere. Lei risponde implorante che aveva mal di
pancia (ettecredo) e
che mi aveva salutato, ma piano perché stavo parlando con la bambina. Decido di
darle un’altra possibilità, anche perché non mi sorride dovermi mettere a
cercare un’altra volta. Dopo un paio di altre settimane però, la famelica Jen
si dimostra rapida solo a razziare il mio frigorifero, cosìcché mi trovo
costretta a salutare anche lei.
Stessa scena strappalacrime della
precedente, stesso pippotto sulla difficoltà di trovare lavoro, stesso senso di
colpa mio.
Comincio a sentirmi a disagio.
Io, che in quasi 5 anni in Cina non
ho mai avuto il coraggio di cacciare la mia ayi perché in fondo mi ero affezionata anche se era una schiappa a pulire, mi scopro una “killer di muchachas” in piena regola.
Determinata a darmi un break in questa
estenuante ricerca, vengo spiazzata da una amica che mi pone la fatidica
domanda: “Cerchi ancora?” ed io ho la brillante idea di dire di si. Soprattutto
perché le premesse paiono allettanti: si tratta della figlia trentenne della
muchacha della mia amica. Purtroppo ha figli come la prima (vabbé, solidarietà
femminile, dai!) e purtroppo può arrivare solo alle 10:00 (suvvia, ma in fondo
cosa cambia!) però in un certo senso é raccomandata, mi dico (da sua madre,
aggiungerei con il senno di poi), quindi butto il cuore oltre l’ostacolo ed
ecco che Guadalupe (detta Lupe) si presenta alla mia porta. Appare da subito
efficiente, a suo agio, forse troppo, specie quando il secondo giorno di lavoro
mi chiede se ho vestiti da bambini da regalarle e se posso raccomandarla a
qualche mia amica perché cerca altro lavoro.
Perplessa lascio correre.
Poi però, una settimana dopo l’arrivo
di Lupe, scopro con orrore che una bella mazzetta di Euro che avevo nascosto
nel mio closet sotto una pila di magliette é scomparsa. Volatilizzata. Il
dubbio però mi attanaglia: se è certo che è stata una donna di servizio, lo è
molto meno capire QUALE delle due, dal momento che la mazzetta era lì da un bel
po’.
L’ingorda Jennifer o l’impertinente
Lupe?
Voglio ovviamente credere con tutta me
stessa che sia stata la prima, dal momento che la seconda sta lavorando ancora
da noi, però non sono tranquilla, perché la certezza matematica non posso
averla. Tanto più che mi sembra strano che una (Jen) che mi ha fregato un
malloppo pari a circa quattro mesi del suo stipendio, mi continui a scrivere in
cerca di lavoro.
Penso di architettare trappole
pecuniarie create a bella posta per verificare se il fatto si ripeta, ma poi
non mi sento di essere così bieca e penso che tanto non c’è più molto da
rubare, se non il suo stesso salario a fine settimana. Meglio tenermi Lupita,
che lavora lenta come la fame e male anche lei, ma la casa è grande e comincia
ad averne le palle piene di tutto questo giro di persone.
Poi, il suo bambino si ammala e lei
non viene un giorno. Io penso che non importa, ovviamente, e che mi devo
rassegnare a questa dinamica e sfoderare davvero la mia solidarietà femminile.
Il pomeriggio del giorno prima di quello lavorativo le scrivo
chiedendole se il bambino è guarito. Mi risponde l’indomani, ben oltre l’inizio
dell’orario di lavoro confermandomi che il piccolo è ancora malato. Abbozzo,
chiedendole però di non avvisarmi DOPO l’orario in cui dovrebbe essere a
lavorare a casa mia, ma magari un tantino prima. Passa il fine settimana e la
sera prima del nuovo giorno di lavoro le chiedo nuovamente se il figlio è guarito.
Passano le ore, niente.
Passa un giorno, nulla.
Passa un secondo giorno, nisba.
A questo punto, furibonda, le scrivo
un messaggio in cui la liquido dicendole in pratica che è una maleducata. E lei - ovviamente - non risponde nemmeno a quello.
Ho poi saputo, tramite la madre che lavora dalla
amica, che avrebbe voluto chiamarmi ma siccome il tono del mio messaggio era
alterato, non l’ha fatto.
E ora scornata mi ritrovo punto e a
capo, con nessuna voglia di sperimentare i piaceri delle muchachas locali, ma
almeno con una unica solida certezza.
Ora almeno so per certo chi ci ha fregato
i soldi.
Devo dire che il tuo disegno parla da solo. Che sfiga ,però. Ma,una domanda: la muchacha in spagnolo non è lo scarafaggio?.......Cora
RispondiEliminaAh! no, mi sbagliavo. Quello è la cucaracha! o no!
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