lunedì 3 settembre 2018

UN GIORNO DI ORDINARIA NORMALITA'

Quando sono rientrata in Italia per le vacanze estive, a fine giugno, mi sono resa conto parlando con alcune amiche del tono insofferente con cui ho condito i miei racconti sulla vita in Messico alla classica domanda Come vanno le cose? E mi sono anche accorta di non riuscire a motivare fino in fondo il mio disagio, perché sulla carta non ci si dovrebbe lamentare a vivere qui come vivo io. Tuttavia, questo paese è estremamente faticoso e mi crea un costante senso di frustrazione, soprattutto se come me non si ha molta elasticità mentale e si crede che tutto il mondo funzioni a modo proprio.
Ma spesso e volentieri questa frustrazione non la riesco a spiegare fino in fondo.
Molti di questi stati d'animo passano attraverso il fatto che i messicani, volenti o nolenti, fanno molta fatica a rispettare gli impegni. Ovvero, magari li onorano anche, ma il più delle volte secondo una tempistica tutta loro, cosa che mi manda in bestia. In alcuni casi (o forse molti, ma alla fine ho il sospetto che sia pure un pretesto) ciò è dovuto al traffico spaventoso che accompagna qualsiasi spostamento urbano e che stravolge orari, piani, programmi in maniera totalmente incontrollabile.
Volendo fare un esempio, la settimana scorsa ho organizzato una festina di compleanno per mia figlia che avrebbe dovuto svolgersi così: ritiro bambine più tre compagne di classe dopo la scuola, rientro a casa, arrivo di altre due amiche, pranzo, arrivo della manicure a sorpresa, torta, forse film, saluti e baci.
Ecco che invece le cose si sono un tantino complicate.
13.30 
Sebbene la campanella suoni alle 14:30 decido di uscire di casa un’ora prima perché so che per fare 6 km potrei anche metterci un’ora (se non trovo il taxi, se c’è traffico o se succede un qualsiasi imprevisto, che nel mio caso è SEMPRE dietro l’angolo). Siccome in passato mi è capitato di fare male i conti, non voglio avere sorprese. Come quella volta che il tassista Uber mi è passato a prendere rubizzo in volto, chiedendomi di poter usare il bagno del custode. Siccome il mio custode non ha una guardiola, ho deciso di accompagnare il poveretto da Starbucks, pagando pure il vallet parking mentre lui si svuotava l’intestino di qualche porcheria piccante ingurgitata poco prima, cosicché il mio lungimirante anticipo si è trasformato in un discreto ritardo.
Questa volta invece trovo un tassista senza diarrea, il ché è un discreto plus che mi consente di arrivare in perfetto orario a scuola ed ho anche il tempo di prendermi un caffè da quelle parti. Senza nemmeno pagare il parcheggio.
14:29
Sono in coda per il ritiro delle bambine. Dovendo prenderne 3 più le mie, avevo deciso di prenotare preventivamente un Uber X, che può ospitare fino a sei persone più il guidatore. Quando si prenota un Uber in genere viene dato un range di tempo di arrivo, che avevo fissato tra le 14:35 e le 14:50. Le bambine sono le ultime ad uscire, con io che scalpito un po’ perché so che il taxi arriverà a momenti (ah-ah-ah) e non voglio perderlo di vista.
Peccato che quando la via della scuola si è ormai svuotata di tutti - bambini, scuolabus, insegnanti, genitori - e i cancelli sono chiusi, noi siamo ancora lì in attesa di un autista che non si vede. E nella comunicazione con Uber appare chiaro che il traffico del giorno in una scala da 1 a 10 è indicativamente 85.
14:51
Usciti dal range di sicurezza, comincio a sudare la mia prima goccia, perché ho già capito che la giornata finirà da schifo.
15:02
Il mio Uber prenotato ci avvisa che arriverà grosso modo alle 15:29, minuto più o minuto meno. Schiumando, mi consulto con il consorte e decido di annullare la prenotazione con questo autista per cercarne un altro più prossimo. Lo trovo, anche se comunque ci avvisa che arriverà alle 15:15. Decido allora di avvisare le mamme delle bambine che devono presentarsi a casa mia alle 15:30 di arrivare almeno mezz'ora dopo. Perché in Messico non bisogna MAI fidarsi di un orario.
Di recente ho avuto bisogno di un idraulico ed ho imparato a mie spese che se l’appuntamento è il martedì alle 10:00, in primo luogo costui non ti avviserà del ritardo e poi, quando tu lo avrai chiamato intorno a mezzogiorno e lui ti avrà detto la famigerata parolina ahorita, non si presenterà né quel giorno, né il successivo, ma più probabilmente intorno a venerdì alle 15:00.
15:15 
Il nulla.
15:33 
Finalmente arriva una macchina. L’autista sbianca, trovandosi di fronte una donna isterica e cinque bambine urlanti, ma poi, forse conscio del mio sguardo assetato di sangue, rinuncia a battersela a gambe e ci fa salire. Il tragitto, mediamente di 15/20 minuti dura più del doppio. Capisco che le altre mamme con bambine e la signorina della manicure arriveranno prima di noi e cerco di avvisare. Nel mentre, sono incerta se fumarmi tutto l’inquinamento di Città del Messico nell'ora di punta o morire assiderata coi finestrini alzati e l’aria condizionata a 12 gradi proposta dall'autista.
16:23 
Cinquanta minuti, un’ibernazione e sei chilometri dopo arriviamo, giusto in tempo per racimolare le altre due bambine e salire in casa.
16:30 
Le bambine schiamazzano tutte contente (perché, diciamolo: mentre io scleravo, loro se ne fregavano bellamente di ritardi e traffico) e io preparo il pranzo. Nella mia inutile meticolosità avevo già tutto pronto, anche perché avrei dovuto ricevere nello stesso orario l’idraulico di cui sopra, che ovviamente non si è presentato né quel giorno né il successivo.
L’idea è (era? sarebbe stata? fu?) di far loro iniziare la manicure e poi farle mangiare tutte insieme.
Peccato che la signorina che deve fare le mani, Priscila, non arrivi, quando al telefono mi aveva assicurato di essere praticamente sotto casa mia.
16:45 
Telefonata di Priscila. Sono quasi arrivata - mi dice - sono il via xxxx. Ovvero qualcosa come dieci isolati da casa mia. No, le rispondo, guarda che non sei quasi arrivata, tesoro. Ti manca un bel pezzo. E se magari – siccome sai da una settimana che devi venire a casa mia – ti fossi studiata prima la strada, ora non saresti a un chilometro abbondante da qui.
Arrivo! mi assicura. Ahorita!
17:10 
Telefonata di Priscila bis. Sono quasi arrivata - ribadisce - sono alla rotonda xxxx. Solo che adesso non so da che parte andare.
Io ingoio il desiderio di dirle che se i selfie su wattsapp li sa fare bene, a consultare una cazzo di mappa online non deve avere ancora imparato e le spiego dove andare.
Ahorita!
17:20 
Diluvio universale con tromba d’aria. Vabbè, anche umida, basta che arrivi.
17:40 
Priscila compare  alla porta, in una scia di profumo che impesta la casa. Umida si, ma pensavo peggio. Dispone tutti i suoi smaltini bene in linea e finalmente comincia a lavorare.
E - che ve lo dico a fare? - lavora con una lentezza da fare spavento.
19:20 
Quando la prima mamma suona al citofono per riprendersi la figlia, la torta ovviamente non è stata ancora neanche avvicinata perché la donna bradipo si è persa nel suo meandro di smalti e stickers. E malauguratamente, quando finalmente anche l’ultima invitata se ne va, questa decide che a tutti costi vuole farmi le mani pro bono, quando ho già visto che 
1) è un po’ una capra e lavora male
2) la giornata è stata lunga e sarà stanca, quindi lavorerà peggio 
3) la giornata è stata lunga e io non ne ho un caxxo di voglia
20.15 
Finalmente Priscila, convinta di essersi accaparrata una cliente per la vita, ci lascia.
Io respiro e posso crollare sul divano dopo sette ore di imprevisti, in cui praticamente nulla è andato come doveva e in cui ho fatto una fatica enorme a non cedere alla crisi isterica.
E poi la sento mia figlia, che arriva tutta garrula e mi dice: Mom, best party ever!!! e allora pensi che lei ha sicuramente ragione e io, davanti a me, ancora tanta, ma tanta strada da fare.



4 commenti:

  1. bellissimo compleanno! Complimenti alla mamma Gio'! secondo me il problema è appunto che tu sei un po' svizzera mentre probabilmente tutti/e lì non lo sono quindi semplicemente devi calarti in qs. nuova realtà e dare per scontato che è inutile avvisare di un tuo ritardo perchè tanto anche tutti gli altri saranno più in ritardo di te ( e non gli viene neppure in mente di avvisare). Comunque ti invidio perchè io un mio figlio così soddisfatto come la tua non l'ho ancora visto... (qs. estate li ho portati a fare snorkeling con i delfini e Nanni si è lamentato perchè non abbiamo fatto l'immersione con le bombole!!! sgrunt!!!)

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  2. Grande prova di sangue...quasi freddo! Complimenti alla figlia.Forse l' ha vissuta come una divertente avventura...lei!'

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